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lunedì 17 giugno 2019

Ogni volta che vado a Medjugorje , torno a casa con qualcosa di nuovo- Testimonianza

Quest'anno ho raggiunto quota 17; ancora uno e poi divento maggiorenne! Sono molti diciassette pellegrinaggi in trentasei anni di vita? Forse sì, se si considera che sono avvenuti tutti negli ultimi sei anni. Non mi reputo, tuttavia, né un turista di luoghi sacri, né un ultras della fede e, in verità, tutto è cominciato "per caso". Era la fine del 1999 e si sarebbe festeggiato, secondo le indicazioni errate dei media, il passaggio al terzo millennio.

Era l'occasione giusta per trascorrere un Capodanno diverso, trasgressivo ma non banale. Perché non un pellegrinaggio? Anche la meta doveva essere fuori dagli schemi e dai circuiti ufficiali. Ed ecco, spontanea, la scelta di Medjugorje, in Bosnia Erzegovina, luogo di apparizioni mariane non ancora riconosciute dalla Chiesa (in quanto avvengono tutt'oggi), di cui avevo appena letto un articolo sul giornale. Al di là della scusa dichiarata ad amici e parenti, tuttavia, la mia motivazione interiore era più complessa e profonda. Dopo un anno passato a combattere gravi problemi di salute, sentivo l'intima necessità di pace e serenità. Medjugorje, ancora una volta, appariva come la meta ideale perché la Madonna si era presentata in quel luogo proprio come Regina della Pace. Infine, a tutt'oggi mi chiedo ancora: sarò andato in pellegrinaggio per una mia scelta o perché, in realtà, sono stato scelto? Non avrò, "per caso", risposto con la mia libertà ad una chiamata da un'entità superiore, da Dio?

Se così fosse, e la mia esperienza me lo dimostra, non sono, quindi, tanto importanti i preparativi, ciò che precede il pellegrinaggio, ma solo ciò che avviene durante e dopo. Ecco perché persone, svogliate e demotivate, che si trovano quasi "per caso" aggregate a un gruppo di pellegrini, tornano invece entusiaste, mentre quelle che organizzano tutto nei minimi particolari e partono con molte attese e pretese, alla fine rimangono deluse. Se esiste un trucco, è proprio questo: non pretendere nulla ma essere sempre aperti e disponibili a tutto ciò che può accadere. E, in questo modo, sarà più facile l'unione del cielo con la terra e dell'io con Dio. Come in tutte le cose, è necessario però fare dei sacrifici per poter apprezzare pienamente i risultati: la lunghezza e la fatica del viaggio, i disagi e le incomprensioni rappresentano gli elementi normali e necessari che il pellegrino deve affrontare. Una notte d'estate, febbricitante e con la polmonite, ho voluto scalare una montagna sacra. Ho faticato e sudato, conquistando metro dopo metro e alla fine, dopo molte soste intermedie, sono arrivato in cima con mia grande soddisfazione.

Il pellegrinaggio è proprio come una tappa di ristoro nel duro cammino dell'esistenza e serve per tirare il fiato o, magari, per indicare nuove mete e nuovi obiettivi da raggiungere. L'importante è vederlo come pezzo di un puzzle che si forma lentamente e di cui noi siamo gli esecutori, anche se non i creatori. Andare tante volte nello stesso luogo permette proprio di aggiungere i tasselli mancanti e di capire più facilmente come è cambiata la nostra vita e come stiamo cambiando noi stessi. È per questo che sono stato ben nove volte a Medjugorje. Ogni volta torno a casa con qualcosa di nuovo, come fosse sempre la prima volta.

E, ripensando alla prima volta e ai molti dubbi che mi assillavano, ricordo ora con tenerezza la mia richiesta ad una signora, esperta pellegrina, di raccontarmi la sua esperienza. Lei mi rispose semplicemente che sarei stato io, alla fine del viaggio, a condividere la mia esperienza con lei. Come quel Tale, duemila anni fa, che a coloro che Gli chiedevano dove abitava rispose solo: "Venite e vedrete". Questo è il pellegrinaggio. Venite e vedrete».

GIUSEPPE CANALI
Fonte: Geo, febbraio 2006  
http://medjugorje.altervista.org/index.php/archivio/articolo/testimonianze/569/laico-pellegrino-per-caso-sulla-via-di-Medjugorje

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