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martedì 31 agosto 2021

Papa Francesco ha accettato la rinuncia all’incarico di Nunzio Apostolico in Bosnia ed Erzegovina e in Montenegro, presentata da Mons. Luigi Pezzuto,


 Papa Francesco ha accettato la rinuncia all’incarico di Nunzio Apostolico in Bosnia ed Erzegovina e in Montenegro, presentata da S.E. mons. Luigi Pezzuto, Arcivescovo titolare di Torre di Proconsolare”.

Così oggi a mezzogiorno si è espresso il Bollettino quotidiano della sala stampa vaticana, l’organo ufficiale che pubblica ogni giorno gli atti ufficiali della Santa Sede. “Don Ginetto” (così lo ricordano tutti a Squinzano, la sua città natale), dunque avendo raggiunto l’età di 75 anni e avendo rassegnato le sue dimissioni nel giorno del suo compleanno, lo scorso 30 aprile, torna stabilmente nella diocesi di Lecce, la sua “Chiesa madre”.
 


Per la città di Squinzano non è una novità la presenza feconda di un vescovo emerito. Tutti ricordano ancora lo zelo spirituale e pastorale del Servo di Dio, Nicola Riezzo, l’ultimo arcivescovo metropolita di Otranto, ritiratosi nella sua casa paterna nel 1981, dopo aver accolto - la prima volta in Puglia - San Giovanni Paolo II nel quinto centenario dell’eccidio dei Martiri di Otranto. Mons. Riezzo è morto nel 1998 all’età di 93 anni dopo aver prestato il suo umile e generoso servizio per 17 anni nella parrocchia matrice e in tutta Squinzano. Per il Servo di Dio è in corso il processo di canonizzazione.

“A mons. Pezzuto - è l’augurio e il saluto di accoglienza dell’arcivescovo Seccia - il mio personale ‘bentornato’ nella sua terra e nella sua Chiesa dopo 25 anni di episcopato trascorsi in giro per il mondo a rappresentare il Papa presso gli Stati esteri. Più volte durante il mio ‘tempo leccese’ ho avuto modo di incontrarlo e accoglierlo in episcopio nei suoi periodi di ferie e ne ho potuto apprezzare l’amabilità ma, soprattutto, la grande passione per la Chiesa. La sua presenza in mezzo a noi ci arricchisce: la sua esperienza e il suo servizio episcopale sono per la nostra comunità diocesana, rinnovata grazia dal cielo”.

L’arcivescovo Luigi Pezzuto è nato a Squinzano il 30 aprile 1946) è un arcivescovo cattolico e diplomatico italiano.

Ordinato sacerdote nella chiesa madre di Squinzano il 25 settembre 1971 da mons. Francesco Minerva e laureatosi in teologia, nel 1978 è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede prestando servizio presso le rappresentanze pontificie in Ghana, Paraguay, Papua Nuova Guinea, Brasile, Senegal, Ruanda e Portogallo. Il 18 ottobre 1995 è stato nominato incaricato d'affari nella Repubblica del Congo e in Gabon, Paesi di cui è diventato nunzio apostolico il 7 dicembre 1996. Il 6 gennaio successivo è stato consacrato arcivescovo titolare di Torre di Proconsolare da San Giovanni Paolo II, conconsacranti, il card. Giovanni Battista Re e mons. Miroslav Marusyn (segretario della Congregazione per le Chiese orientali). Il 22 maggio 1999 è stato trasferito alla nunziatura apostolica in Tanzania e il 2 aprile 2005 a quella di El Salvador; dal 7 maggio 2005 è stato anche nunzio apostolico in Belize; il 17 novembre 2012 è stato nominato nunzio apostolico in Bosnia-Erzegovina e Montenegro. Il 16 gennaio 2016 è stato nominato nunzio apostolico nel Principato di Monaco. Durante il suo episcopato ha consacrato anche quattro vescovi.Oggi Papa Francesco ha accolto la sua rinuncia all'ufficio di Nunzio Apostolico per raggiunti limiti d'età.
 
Fonte: portalecce.it

sabato 28 agosto 2021

Nuove disposizioni in relazione alla visita dei luoghi di San Pio: alcune limitazioni

 


Carissimi Pellegrini,

in ottemperanza a quanto previsto dal D.L. 23 luglio 2021 n.105, anche il normale accesso all’area Santuario subisce alcune limitazioni.

L’accesso ai luoghi di culto rimane esente da nuove restrizioni, quindi per partecipare alle celebrazioni in Chiesa Santa Maria delle Grazie, In Chiesa Antica, nella Chiesa San Pio e nella Chiesa Inferiore (dove c’è il corpo di san Pio) rimane l’obbligo solo dell’utilizzo della mascherina e il rispetto del distanziamento sociale.

L’accesso ai luoghi di san Pio, nel percorso che inizia con la Cripta di Santa Maria delle Grazie e fino al crocifisso delle stimmate, sarà invece consentito ai soli possessori della certificazione verde Covid-19 (GREEN PASS). Pertanto, a quanti vorranno recarsi in visita a questi luoghi chiediamo di premunirsi della certificazione richiesta, che sarà verificata all’ingresso dai nostri operatori.

Invitiamo pertanto, quanti vorranno recarsi da noi in pellegrinaggio, a prendere visione delle indicazioni sopra esposte. Ricordiamo che l’obbligo dell’accesso tramite GREEN PASS non dipende dalla volontà dei frati ma da precise disposizioni di legge e che pertanto, in nessun modo gli operatori di questo santuario possono derogare a tali disposizioni.

Pace e Bene

 

L’Ufficio Pellegrinaggi del Santuario, 09 ago 2021

 


FONTE:https://www.conventosantuariopadrepio.it/it/il-santuario/news/nuove-disposizioni.html

venerdì 27 agosto 2021

Messa di ricordo per mons. Hoser a Medjugorje: "Era un rifugio sicuro per noi dopo tanti anni di incertezza" - 26 Agosto 2021

 



"Pieno di vita e di esperienza professionale, è arrivato a Medjugorje ed è diventato uno di noi. Con il suo sorriso gentile e la determinazione di un uomo che sa perché è qui, immensamente devoto alla Madonna, è stato per noi un rifugio sicuro dopo tanti anni di incertezza. La mano tesa del Santo Padre Francesco a Medjugorje", ha detto Fr. Miljenko Šteko, Provinciale della Provincia Francescana dell'Erzegovina prima dell'inizio della Messa in Memoria a Medjugorje per l'Arcivescovo Henryk Hoser.

Ha anche detto che "in mezzo al dolore umano per la separazione da te, quella gioia diversa non ci lascia per un momento, a causa del futuro incontro nella casa del Padre".

'' E queste macerie che ti hanno abbracciato e amato, continueranno a risuonare quell'antica Mater Dei, ora pro nobis , mentre gli occhi guardano speranzosi l'orizzonte pietroso e lo splendore del sole che tramonta, mentre le dita formicolano ancora ribaltano il rosario sulle mani, mentre al mattino diffonde il profumo di un nuovo giorno. E ti ricorderemo sempre con gratitudine. Siamo felici di averti avuto, che tu fossi con noi. Chiediamo a Dio di concedervi, per intercessione della Regina della Pace, la pace nella sua eternità. Rimani per sempre iscritto nei nostri cuori, nella nostra vita e nella nostra Medjugorje", ha affermato fra Miljenko Šteko all'inizio della Santa Messa celebrata dal Nunzio Apostolico presso la BiH Mons. Luigi Pezzuto in concelebrazione con il Vescovo di Mostar-Duvanj Petar Palić, Arcivescovo del cardinale Vrhbosna Vinko Puljić altri due vescovi e 95 sacerdoti.

Alla messa hanno partecipato anche numerosi parrocchiani e pellegrini per ringraziare Dio dell'arcivescovo Hoser, che ha fatto molto per la parrocchia di Medjugorje dal 2017. Anche il nunzio Pezzuto, che ha incontrato l'arcivescovo Hoser mentre era missionario in Rwanda, ha parlato dei suoi meriti nell'omelia. Pezzuto all'epoca, come disse, era un giovane segretario della Nunziatura apostolica. Ha fatto riferimento ad alcune parti della sua biografia, e poi ha individuato un "prezioso contributo di mons. Hoser ha prestato qui, a Medjugorje, nel suo ministero triennale, prima come inviato speciale della Santa Sede, e poi come visitatore apostolico con un ruolo speciale per la parrocchia di Medjugorje, con una missione di carattere pastorale.

"Siamo costruiti dalla sua vita sacerdotale, che ha vissuto da uomo giusto, in senso biblico, profondamente consapevole della sua realtà - il sacerdote di Dio, l'Altissimo. In questa occasione vorrei sottolineare la sua visibile devozione mariana, che lo ha reso completamente dedito al fenomeno di Medjugorje e alla realizzazione della traccia pastorale che Papa Francesco ha voluto dare a questo luogo”, ha affermato mons. Pazzuto ha poi invitato “l'intera assemblea liturgica ad esprimere profonda gratitudine a Dio inviato da mons. Hoser a Medjugorje, la sua famiglia religiosa (Palotinci), la sua famiglia natale, nonché i francescani che lo hanno accolto”.

“Ringrazio in particolare don Perica Ostojić, che ha collaborato con mons. Hoser negli ultimi tre anni, come suo segretario. Siamo sicuri che mons. Hoser è stato accolto in Paradiso dalla Vergine Maria, che ha servito specialmente qui a Medjugorje, promuovendo la venerazione e la devozione della Madonna in una luce cristologica e cristocentrica. Affidiamo pertanto a Mons. Hoser alla Regina della Pace e della Misericordia di Dio'', ha concluso il Nunzio Apostolico in Bosnia-Erzegovina, l'Arcivescovo Luigi Pezzuto, la sua omelia alla Messa in ricordo di mons. Henryk Hoser a Medjugorje.

Al termine della messa, il parroco di Medjugorje, don Marinko Šakota, ha ringraziato i presenti cardinale, arcivescovo e vescovi.

"Grazie a Papa Francesco per averci inviato l'arcivescovo Hoser, e grazie a mons. Hoser per tutto quello che ha fatto per Medjugorje, e quello che ha fatto è molto e di grande importanza", ha detto fra Marinko al termine della Messa.

 
Fonte: medjugorje.hr

giovedì 26 agosto 2021

Il "Visitatore Apostolico di Medjugorje", l'arcivescovo Henryk Hoser, è stato sepolto nella cattedrale di Varsavia-Praga


 

L’arcivescovo Henryk Hoser sepolto nella cattedrale di Varsavia-Praga
 
La Santa Messa funebre per mons. Henryk Hoser è stata celebrata il 20 agosto nella cattedrale della diocesi di Varsavia-Praga. La Messa è stata presieduta dal cardinale Kazimierz Nycz, arcivescovo metropolita di Varsavia, mentre l’omelia è stata tenuta dall'arcivescovo Tadeusz Wojda, metropolita di Danzica.

“San Paolo ci ricorda nella lettura di oggi: ‘Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un'abitazione, una dimora non costruita da mani d'uomo, eterna, nei cieli.' (2Cor 5,1) Queste parole ci introducono alla cerimonia funebre odierna del defunto arcivescovo Henryk Hoser, pallotino, sacerdote, missionario, arcivescovo emerito dell'arcidiocesi di Varsavia-Praga, Visitatore Apostolico a Medjugorje'', ha detto l’arcivescovo Wojda all’inizio della sua omelia, ricordando gli ultimi incontri e conversazioni con mons. Hoser.

''L’ho visitato a Ołtarzew alla fine di luglio. Sofferenza e dolore erano visibili sul suo viso, ma era rimasto completamente calmo e sereno. Era desideroso, come sempre, di discutere di vari temi, porre domande, commentare, valutare e dare preziosi suggerimenti. La conversazione con lui ha rivelato la sua ricca esperienza di vita, raccolta in diversi paesi e in diversi continenti. Era un eccellente osservatore della realtà circostante, che poteva analizzare, valutare con precisione e parlare in modo fattuale. Era anche un uomo colto. Ha fatto ampio uso della letteratura storica e contemporanea nelle aree di suo interesse personale, ma anche di temi di attualità e sfide e problemi sociali, etici, teologici e pastorali.

Ha mostrato un’immensa volontà di lavorare, ma era anche consapevole dei suoi problemi di salute. Ha anche aggiunto che probabilmente era arrivata la fine e che era pronto a tutto se era la volontà di Dio. Ho cercato di incoraggiarlo, dicendo che lo stavano aspettando a Medjugorje, che lì c’era ancora molto lavoro e che stavano pregando per la sua salute... Gliel’ho ripetuto al telefono all’inizio di agosto da Medjugorje", ha detto l’arcivescovo Wojda parlando della vita ricca dell’arcivescovo Hoser, aggiugendo alla fine che "il servo fedele non riposa mai, ma veglia fino alla venuta del Signore", ribadendo che queste parole di Gesù si sono rivelate ancora una volta vere nella vita dell’arcivescovo Hoser.

"Una volta lui stesso disse: 'Non ho mai scelto e non ho mai domandato, ho sempre accettato quello che mi dicevano i miei superiori.' Nel 2017, da vescovo emerito, su richiesta di papa Francesco, si è recato a Medjugorje per prendersi cura dei pellegrini che vi giungevano. Il suo servizio a Medjugorje è stato inestimabile.

Il 13 agosto 2021 il Signore lo ha chiamato dalla terra per invitarlo alla mensa nella gloria celeste. Il Figlio dell’uomo è venuto e lo ha portato via. Rimane il dolore, ma anche una profonda speranza cristiana che Colui che ha fatto del bene tramite lui, ora lo ricompenserà abbondantemente e lo accoglierà nella gioia eterna. Caro Henryk, fratello nel sacerdozio e nel vescovado, amico e missionario, ti ringraziamo dal profondo del nostro cuore per il dono della tua vita, del tuo servizio e di tutto ciò che di buono hai compiuto, e chiediamo che il buon Dio ti accolga nella sua gloria . Amen!”, sono le parole con cui l’Arcivescovo Tadeusz Wojda ha concluso la sua omelia.

Anche papa Francesco ha inviato una lettera con espressioni di condoglianze e di speranza cristiana. Ha ringraziato l’arcivescovo Hoser per tutto quello che ha fatto per la Chiesa.

Durante i riti funebri hanno espresso le condoglianze: il presidente della Conferenza episcopale polacca, l’arcivescovo Stanislaw Gadecki, a nome della Conferenza episcopale della Bosnia ed Erzegovina l’arcivescovo coadiutore e Amministratore apostolico dell’Ordinariato militare nella Bosnia ed Erzegovina mons. Tomo Vukšić, nipote dell’arcivescovo Hoser…

“L’arcivescovo Hoser è il primo pastore di questa arcidiocesi il cui corpo sarà sepolto nella cripta della cattedrale di Varsavia-Praga” ha affermato l’attuale arcivescovo di Varsavia-Praga, mons. Romualdo Kaminski. Insieme a lui alla Messa c’erano molti arcivescovi, vescovi, sacerdoti, suore, e tra i fedeli c’erano molti rappresentanti del governo polacco, locale e statale.

Alla Messa funebre e alla sepoltura, giunti dalla Bosnia ed Erzegovina con mons. Vukšić, erano presenti anche il Provinciale della Provincia Francescana dell’Erzegovina, padre Miljenko Šteko, il segretario personale del defunto Arcivescovo, padre Perica Ostojić, e i sacerdoti di Medjugorje: padre Zvonimir Pavičić e padre Renato Galić.

Dopo la Messa, si sono svolti i riti funebri e la salma dell’arcivescovo Henryk Hoser è stata deposta nella cripta della cattedrale della diocesi di Varsavia-Praga.

Il giorno prima, giovedì 19 agosto 2021, alle ore 12, una Santa Messa commemorativa è stata celebrata nella chiesa del seminario a Ołtarzew, e alle 18 dello stesso giorno nella cattedrale di S. Michele Arcangelo e S. Floriano martire.
 
Medjugorje hr

mercoledì 25 agosto 2021

Messaggio del 25 agosto 2021 della Regina della Pace - Medjugorje

 


Messaggio, 25 agosto 2021 dato alla veggente Marija

"Cari figli! 
Con gioia invito tutti voi, figlioli, che avete risposto alla mia chiamata, ad essere gioia e pace. 
Con le vostre vite testimoniate il Cielo che vi porto. È l'ora, figlioli, di essere il riflesso del mio amore per tutti coloro che non amano e i cui cuori sono conquistati dall'odio. 
Non dimenticate: io sono con voi e intercedo per tutti voi presso mio Figlio Gesù affinché vi doni la Sua pace. 
Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

Riflessioni ..di Antonello De Giorgio: "Oggi è il 25 agosto ed a Dio piacendo, questa sera, il cielo si aprirà di nuovo e la Madonna verrà......"


 Antonello De Giorgio:

Oggi è il 25 agosto ed a Dio piacendo, questa sera, il cielo si aprirà di nuovo e la Madonna verrà, ancora una volta sulla terra per darci, attraverso la veggente Marija, il messaggio per l'umanità.
Mi rendo conto che, mese dopo mese, le parole che la Madre di Dio riferisce sono sempre più attese.
Certo i tempi di Dio non sono i nostri tempi e molti, io compreso, attendevano finalmente una svolta che al momento non c'è stata.
E la svolta tanto attesa è quella di un Dio che finalmente "picchia i pugni sul tavolo" per dire: basta!!!!
La mia impressione è ch'Egli scriva sul bagnasciuga in riva al mare ma poi arrivano le onde, quelle spinte dalle tenebre e cancellano tutto.
Non credo di sbagliarmi perché è sufficiente guardarsi intorno per ragionare in tal senso.
Ma Lui non è così!
Buono e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande nell'amore recita il Salmo (102,8).
Per noi c'è sempre una possibilità, una in più!
Una porta da aprire, basta spingere!
L'anno scorso, esattamente come oggi, la Madonna diede un messaggio di una forza straordinaria.
Potrei estrapolare qualche riga dal contesto ma credo sia utile pubblicarlo nella sua interezza affinché, possa essere letto e riletto, per cogliere i significati profondi di ogni capoverso.
Disse la Madonna:
Questo è tempo di grazia.
Sono con voi e vi invito di nuovo, figlioli, ritornate a Dio ed alla preghiera affinché la preghiera diventi gioia per voi.
Figlioli non avrete né futuro né pace finché nella vostra vita comincerete a vivere la conversione personale ed il cambiamento nel bene.
Il male cesserà e la pace regnerà nei vostri cuori e nel mondo.
Perciò, figlioli, pregate, pregate, pregate.
Sono con voi ed intercedo presso mio Figlio Gesù per ciascuno di voi.
Quando parlavo del dito di Dio che scrive sul bagnasciuga del mare pensavo a quella parola, usata in altre occasioni e ripetuta per ben tre volte: pregate, pregate, pregate!
E' qui la svolta che tanto cerchiamo ma ahimè, l'arcano è che questo avverrà solo dopo la nostra conversione; dopo il nostro impegno personale.
A volte sono sfiduciato e mi chiedo: ma quanti sono coloro che leggono i messaggi di Medjugorje?
Potrei aggiungere: ma quanti sanno che esistono i messaggi dettati dalla Madonna a Medjugorje?
Per non dire: quanti credono, in senso lato, che Dio esiste ed è presente tra noi?
Credo che la percentuale della popolazione del mondo che sa rispondere a questi quesiti sia veramente esigua.
D'altronde, non possiamo nasconderci dietro un dito, da tempo assistiamo ad un forte declino nella partecipazione alla Santa Messa.
Ormai, anche coloro che andavano per abitudine si sono persi.
Il virus che ci sta accompagnando da tempo fortificato dalle continue notizie a tema ci ha messo del suo.
Ha generato paura, timore, psicosi, ansia e soprattutto ha diviso le persone che vedono, nell'altro, il possibile untore; lo accennavo prima, quando parlavo delle onde spinte dalle tenebre che cancellano tutto.
Bisognerebbe avere la possibilità di riavvolgere il nastro per ritornare a dove eravamo un tempo perché, nel correre, si è persa una consonante.
Chi non crede a Dio crede a tutto il resto!
E la consonante a cui facevo accenno è la "T".
Non è certo una battuta di spirito ma una riflessione che mi è venuta così, mentre pensavo tra me e me alla situazione attuale che viviamo ma che nulla ha a che fare con il rispetto che nutro per la chiesa.
3° comandamento: ricordati di santificare le feste.
Se togliamo la "T" alla parola santificare esce: ricordati di sanificare le feste.
Mi dispiace dirlo ma è quello a cui assistiamo oggi!
Ci rendiamo conto:
- non c'è più l'acqua benedetta perché è stata sostituita dal gel!
- Le panchine che vengono sterilizzate a dovere tra una funzione e l'altra!
- Non bisogna inginocchiarsi!
- Non bisogna darsi la mano!
- Dobbiamo sederci distanti l'un l'altro!
- Mascherina sempre indossata!
- L'Eucaristia rigorosamente in mano!
A volte sembra di trovarsi in una camera sterile e non nella casa di Dio.
La certazza: ogni chiesa ha il suo Tabernacolo al quale fare riferimento.
Dio continua a guardarci, non distoglie un attimo i Suoi occhi da noi!
Forse sorride per la nostra poca fede.
Facciamo parte di un'umanità ferita e sofferente che, nonostante tutti i disagi che puntualmente vengono creati dall'uomo stesso, continua ad affidarsi a Lui.
Ecco perché, questa sera, forse saremo pochi, veramente pochi, ma quei pochi bastano a Dio per diffondere il messaggio di speranza che, a Lui piacendo, verrà dato per l'umanità intera.
Crediamoci!

domenica 22 agosto 2021

Intervista a Padre Miljenko Steko, in occasione del 40° Anniversario delle apparizioni della Regina della Pace a Medjugorje, di Virgilio Baroni


Virgilio Baroni

Condivido la mia intervista a Padre Miljenko Steko, Provinciale della Provincia Francescana di Erzegovina  per la rivista “Aiutiamoli” dell'Associazione Mir i Dobro, pubblicata in occasione del 40° Anniversario delle apparizioni della Regina della Pace a Medjugorje.

 
Prima domanda:
P. Miljenko, ai nostri pellegrini per inquadrare la realtà di Medjugorje, raccontiamo che se il Cristianesimo è arrivato fino ai nostri giorni è merito indiscusso dei Francescani. I suoi Confratelli hanno coraggiosamente affrontato i musulmani e, in seguito, uno spietato regime comunista. Qual' è il ruolo dei Francescani di Bosnia ed Erzegovina in un mondo così secolarizzato?
Padre Miljenko risponde:
Stando alle fonti, i francescani sono presenti qui dal 1290/91, dunque da più di sette secoli. Abbiamo condiviso col nostro popolo tutto il bene ed il male. Per più di tre secoli qui non ci sono state né chiese, né cappelle, né campane, né normali liturgie. Tutto era letteralmente “come nelle catacombe”, separato dal resto della società. I francescani scrivevano grammatiche, catechismi e libri di preghiere ed erano portatori di cultura e di civiltà. Dopo molti secoli, dal 1941 la rivoluzione di Jospi Broz “Tito” soffocò la vita religiosa nella nascente Jugoslavia socialista. Molti edifici religiosi furono confiscati. Non si può non ricordare che, proprio nel corso della Seconda guerra mondiale e nel dopoguerra, i partigiani titini uccisero senza processo l’allora nostro Provinciale ed altri sessantacinque confratelli. Durante il regime comunista i francescani, insieme all’intera Chiesa locale ed ai fedeli, subirono una brutale repressione. Dopo la guerra, i miei confratelli sopravvissuti furono condannati a più di trecento anni di carcere in seguito a processi farsa e rimasero in carcere complessivamente per circa duecento anni. I comunisti distrussero anche il nostro apparato scolastico-formativo. A tutt’oggi i nostri seminaristi e studenti di teologia frequentano scuole e facoltà al di fuori della provincia.
Come frati abbiamo vissuto in simbiosi con il nostro popolo e la fede vissuta in condizioni così difficili ha creato tra noi ed i fedeli una sinergia. Abbiamo condiviso fino in fondo il destino del popolo. I croati sono una delle tre popolazioni costitutive della Bosnia ed Erzegovina e, in quanto cattolici, sono la più antica confessione religiosa insediatasi in questo territorio. Gli ortodossi giunsero e si stabilirono qui in concomitanza con l’occupazione ottomana e con il credo islamico. Oggi – dopo i conflitti sanguinosi degli anni Novanta – la frattura tra le varie confessioni è molto evidente. Anche le condizioni sociali sono una questione in gran parte ancora irrisolta. La guerra ha segnato profondamente la realtà sociale locale: molti sono divenuti poveri e decine di migliaia di persone sono state costrette ad emigrare dal Paese. Tutti noi stiamo cercando di curare queste ferite. Forse anche il fatto che la Bosnia Erzegovina sia per la comunità internazionale un enigma irrisolvibile rende tutto più chiaro.
In questa complessa situazione, noi troviamo il modo di vivere il nostro essere francescani e di gioire della vita. Oltre a quelle pastorali, svolgiamo anche significative attività caritative. In questo mondo secolarizzato crescono anche la fluidità e la solidarietà tra le nostre province e anche le possibilità di incontro. Inoltre, grazie ai mezzi odierni e ad Internet le comunicazioni tra confratelli si sono moltiplicate. Dobbiamo solo aprirci gli uni agli altri con maggiore fiducia fraterna e vivere in modo nuovo la bellezza di questo nostro carisma francescano. Noi in Erzegovina, soprattutto percepiamo la benedizione di Dio in particolare nelle numerose vocazioni suscitatesi anche in questi tempi difficili.
 
 
Seconda domanda:
Possiamo dire che durante la guerra di Bosnia del '91 sono sorte molte Associazioni fra cui Mir i Dobro, per portare aiuti umanitari soprattutto nello spirito di carità promosso dalla Regina della Pace. Voi Francescani avete istituito "Il pane di Sant'Antonio". Come avete affrontato l'emergenza profughi che vedevamo vagare nei boschi in mezzo alla neve?
Padre Miljenko risponde
"Il pane di Sant'Antonio" in Bosnia ed Erzegovina non è un’associazione, bensì un’istituzione francescana antica. La nostra filosofia della vita è sempre stata “pensare in piccolo” per far avvenire qualcosa di grande. Poiché la storia ci ha insegnato che ogni realizzazione è frutto di una serie di piccoli passi, che debbono essere fatti con molto amore e molta fede. Tornando ai tempi della guerra in Jugoslavia, all’epoca circa la metà dei duecento fratelli con voti perpetui si trovava ad operare al di fuori dell’Erzegovina. In quelle difficili condizioni creammo una sinergia nel campo umanitario e caritativo con altri soggetti attivi in questo settore, collaborando con molte associazioni, fra queste anche la vostra Mir i Dobro.
 
 
Terza domanda:
Durante i nostri pellegrinaggi a Medjugorje, ci siamo accorti che pochissimi pellegrini sono a conoscenza di un fatto storico che si sta trascinando anche oggi. Vorremmo affrontare con lei un annoso problema: la questione fra Religiosi Francescani e Clero Secolare. Chi meglio di lei potrebbe parlarcene? Com’è la situazione e quali prospettive si stanno delineando?
Padre Miljenko risponde:
Nella prima risposta ho già parlato che la plurisecolare presenza dell’Ordine dei Frati Minori nell’Erzegovina ha creato un legame molto profondo con la popolazione locale. Sul piano formale fino allo scorso secolo l’area era considerata dalla Santa Sede un territorio di missione, la cui competenza ricadeva sulla Congregazione di Propaganda Fide. I francescani sono stati un riferimento per i fedeli non solo sul piano religioso, ma anche politico, culturale, economico e sociale. Tanto per fare qualche esempio, capitava spesso che i religiosi fossero gli unici ad avere un certo grado di istruzione e per questo erano chiamati dalla popolazione, in prevalenza contadina, a rappresentare o tutelare i loro interessi di fronte alle autorità locali. Oppure che i francescani si dedicassero ad attività di vario genere, addirittura creditizie per finanziare l’avvio di piccole attività nel settore agricolo e commerciale per poter fronteggiare la miseria e le carestie che affliggevano la popolazione. Talvolta furono anche impegnati politicamente come protagonisti o a sostegno di movimenti cristiano-democratici o marcatamente croati nel periodo della Jugoslavia monarchica, quando il Paese era di fatto sotto il controllo della componente serbo-ortodossa. Per non parlare dell’alto tributo di sangue pagato anche dai francescani al termine del secondo conflitto mondiale, quando i partigiani comunisti di Josip Broz “Tito” giustiziarono sommariamente molti di essi per la sola colpa di essere ecclesiastici cattolici e croati, come corollario alla loro lotta contro lo Stato Indipendente di Croazia (esistente dal 1941 al 1945) di cui faceva parte anche l’Erzegovina. I francescani sono sempre stati l’emblema della cattolicità in questa terra e in quasi tutte le famiglie la loro fede, il loro esempio e il loro sacrificio, ha suscitato tante vocazioni. Si può dire che nella storia di ogni famiglia dell’Erzegovina vi sia almeno un religioso dell’Ordine dei Frati Minori. Venendo ai tempi più recenti, nel corso del Novecento, in seguito alle decisioni adottate dalla Santa Sede, si procedette allo stabilimento delle gerarchie e del clero secolare nel territorio. Con il passaggio della titolarità della sede episcopale di Mostar e delle relative parrocchie alla cura di questi ultimi, si sono verificati in taluni casi dei problemi. Quindi l’aver reciso questo plurisecolare legame ha creato delle difficoltà nelle fasi iniziali fra i tre soggetti coinvolti nella vicenda (francescani, clero secolare e popolazione). Come detto, principalmente proprio a causa del profondo legame, qui sinteticamente illustrato, dei fedeli alla storia e all’attività dei religiosi francescani. Questioni che ora sono da considerarsi storiche, con ancora alcuni casi da risolvere, hanno oggi aperto la piena collaborazione nell’attività pastorale della provincia e della diocesi.
 
 
Quarta domanda:
Possiamo dire che, in linea di massima, voi Francescani siete ben visti da Mussulmani, Ortodossi e Cristiani. Avete sempre messo al primo posto l'Amore di Dio verso i poveri e il dialogo ideato da San Francesco piuttosto che il nazionalismo. Oggi in Europa stiamo assistendo ad una vera e propria transumanza di popoli e di religioni, e stiamo vivendo una situazione che voi affrontate da secoli. Qual è la strada migliore per una convivenza pacifica?
Padre Miljenko risponde:
L’Erzegovina è un luogo dove da secoli vi è un confronto e talvolta scontro tra popolazioni e religioni. È proprio alla luce di questa esperienza che la strada maestra da percorrere in questi casi è quella del confronto e del reciproco rispetto soprattutto per ciò che riguarda la religione. Per poter cogliere il concetto del nostro “nazionalismo” occorre comprendere che, rispetto all’occidente, nei Paesi dell’Europa Centro orientale e Sud-orientale “nazione è religione”. L’appartenenza ad una popolazione vuol dire anche principalmente appartenenza alla sua confessione religiosa. La storia ha insegnato che nessuna di queste debba prevaricare sull’altra (come avvenuto nella Prima Jugoslavia) o porre le confessioni religiose sotto il controllo dello Stato (come nella Jugoslavia socialista). Occorre che vi siano pari diritti e dignità garantite a tutte le popolazioni per una pacifica convivenza. Riguardo agli attuali spostamenti di popolazione, quindi, vale un principio simile circa l’inserimento dei migranti nei Paesi di accoglienza. A tal proposito papa Francesco sta operando in due direzioni: esortando all’esercizio della carità cristiana del soccorso per chi è nel bisogno, ma anche richiamando i governi a por fine alle cause che conducono ai fenomeni descritti, che sono principalmente le guerre e la miseria. Diversi episcopati dei Paesi africani, ad esempio, chiedono un intervento dei “grandi del mondo” per evitare guerre e creare le condizioni per lo sviluppo dei principi democratici e del progresso economico, affinché i popoli di quel continente possano pensare al proprio avvenire rimanendo nei luoghi d’origine.

giovedì 19 agosto 2021

La fede è un dono, ma spesso è un dono non ancora sviluppato, è una potenzialità che deve essere sviluppata dall’uomo - P. JOZO


 


P. JOZO: MEDJUGORJE CHIAMA LA CHIESA

 A RINNOVARSI- GLI EVENTI DI MEDJUGORJE VISSUTI DA P. JOZO


P. Jozo. - Nel cammino di crescita spirituale, provocato dagli eventi di Medjugorje, ho incontrato molte prove. Fra queste, la mia preoccupazione e la domanda della Chiesa che in me si poneva sempre più forte, se cioè tutto quello che si era verificato e ti stava verificando a Medjugorje, proveniva davvero da Dio, se in quegli eventi operava effettivamente la mano di Dio. Da principio pensavo che si trattasse di una montatura, ed ero molto preoccupato anche perché non riuscivo a seguire dettagliatamente il contenuto dei messaggi della Madonna, ne il senso degli inviti che Lei ci rivolgeva. Avevo il dubbio e il timore che da parte avversaria si volesse creare una messa in scena, per minare il nostro lavoro. Non conoscevo a fondo i ragazzi, particolarmente Mirjana, che non avevo ancora mai veduto.
Questo mio timore era stato originato dalla vita concreta e dalle circostanze concrete che si stavano manifestando.
Appena sono riuscito a capire che gli eventi non erano opera umana, tutto mi fu subito più facile. Mi era però rimasto il dubbio se i fatti erano opera di Satana, nemico della Chiesa, della nostra vita, del nostro apostolato, della nostra fede, oppure erano opera di Dio.

La gente faceva insistenti domande, e io non ero in grado di rispondere a nessuno, perché di simili eventi non avevo l’esperienza, non ne avevo le prove.
La gente era meravigliata della celerità con cui i ragazzi salivano sul Podbrdo, della moltitudine che accorreva, dei segni che si potevano vedere (come i segni di luce, ecc.). Tutto questo provocava in me turbamento, perché non riuscivo a capire se i fatti provenivano da Dio o no. Mi sembrava di notare nella massa di gente che accorreva, una grandissima curiosità. Tutto era fermo in me, che mi agitavo in una profonda tristezza, perché non riuscivo ad accogliere col cuore il messaggio e la parola del Cielo, fin a che non ho risolto tutti i dubbi e le difficoltà.

Per essere sincero, vorrei dire — quasi per confessarmi in questa sede — che non sentivo il bisogno di parlare con nessuno. Sentivo invece una forte flessità di parlare a Dio. “Il mio Dio è vivo, io credo in Lui; il mio Dio sa e vuole dire a me se questi fatti vengono da Lui oppure no. Egli non vuole lasciare queste cose nell’incertezza”. Mi recai perciò in chiesa. Era domenica: invitai tutta la parrocchia e tutti i fedeli presenti a venire verso le 15, dopo il catechismo, a pregare perché il Signore ci illuminasse.

La chiesa era piena. Abbiamo detto il rosario, nel corso del quale ho suggerito lunghe riflessioni sui singoli misteri. Al termine del rosario, verso le 17,30, ho pregato la gente di non andare sul Podbrdo. La mia intenzione era quella di separare la curiosità dalla visita di Dio. Nella mia mente e nel mio cuore risuonava continuamente la parola di Gesù: “Negli ultimi tempi si dirà: ‘Ecco qui il Messia’ o ‘Eccolo là’“ (Mc 13,21). Ed ero preso da timore pensando: forse questa situazione e proprio la nostra, perché si va dicendo: “Ecco, la Madonna è qua, la Madonna è là”, ma il popolo rimane il medesimo! C’erano perciò delle difficoltà che avevano lasciato in me il loro segno. Ero triste, quando mi raccolsi in chiesa a pregare. Fu allora che per la prima volta, ho avuto l’impatto con la voce di Dio, che mi diceva:
“Esci fuori, e salva i ragazzi!”. Stavo leggendo un passo dell’Esodo, che avevo aperto a caso e che parlava dell’angoscia di Mosè. Sedevo sul terzo banco a sinistra, a mezzo metro dal bordo. All’udire quella voce, lascia subito il banco, feci la genuflessione ed uscii fuori: incontrai i ragazzi. Li accompagnai nell’ufficio parrocchiale, mettendoli al sicuro. Poco dopo incontrai la Polizia, che mi domandò se avevo visto i ragazzi. Risposi: “Sì, li ho visti”. Ed essi proseguirono.

Questo fu il primo segno, che mi colpi come segno di Dio. Ma è interessante che esso non fu sufficiente per me. Ero troppo esigente, e dissi: “Finché non ci metto le mie mani, non posso credere”. Ho quasi paura, adesso, di parlare di ciò, ma io sentivo sulle mie spalle una responsabilità tremenda di fronte a Dio, la sentivo anche come parroco. Dicevo: “Signore, questa massa di gente cerca di sapere se questa è opera tua o no. E io li devo consigliare”.
Cosi cominciarono i miei incontri con Dio, che a Medjugorje si manifesta tramite sua Madre, — incontri reali, che mi portarono ad un responsabile cammino in profondità.
Da quel momento ebbi una sola preoccupazione, un desiderio profondo: a tutte le persone che cercano, io debbo dire: “E’ possibile trovare”; a tutte le persone che vengono, io debbo dire: “Non siete venuti su un monte vuoto non siete venuti in una chiesa vuota”. Debbo invitarli ad abbandonare la loro curiosità, e trasformarla in un incontro reale, iniziare a fare ciò che Dio chiede.
Fu così che cominciai a predicare ogni sera, a dire il Rosario prima e dopo la Messa, pregare sugli ammalati. Dio confermò la sua presenza con segni, miracoli, conversioni, guarigioni fisiche.

MEDJUGORJE CHIAMA ALLA CONVERSIONE

Non sentii neppure il bisogno di registrare questi segni, segni esterni, guarigioni esterne.
Fu memorabile il miracolo che si verificò in una donna venuta dalla Germania. Aveva subito dodici operazioni, da Otto anni era paralizzata su tutto il lato destro. Durante la Messa essa guarì. Io avvertii la presenza della Grazia: quando le portai S. Comunione (che nei giorni precedenti aveva ricevuto con grande fatica), — era presente una folla immensa — volle dirmi: “Posso camminare!”; ma io le risposi: “Non ora; rimani in chiesa; lo farai quando saranno usciti tutti”.
Rimanemmo in chiesa; essa voleva lasciarci la sua carrozzella, ma non glielo permisi. Avrebbe creato soltanto sensazione. Dio mostrerà la sua opera e la sua presenza alla Chiesa non con la carrozzella, ma toccando i nostri cuori con la grazia, che è necessaria alla conversione.
Avvertii la necessità che ci fossero persone votate alla preghiera, unite a Maria SS.: era necessario pregare che la Chiesa si rinnovasse, e impetrare l’arrivo di ciascuno, di tutta la Chiesa, che ha bisogno di passare attraverso Medjugorje — come attraverso un bagno - per rigenerarsi completamente per ricevere nuovo sangue, un nuovo cuore, un nuovo spirito di Dio, quello che costituisce la Pasqua, in modo che la Chiesa ringiovanita si rivitalizzi con la forza e la potenza di Dio. Ero perciò disponibile a parlare con intima partecipazione di questa gioia, e annunciai con entusiasmo questa lieta notizia al popolo. Ero pronto a soffrire per essa, come sono pronto oggi e sempre.
Si tratta di una verità, che non ci permette di tacere o di non parlarne: si deve offrire la testimonianza per tale verità. E sono felice se ho potuto in qualche modo offrire finora una testimonianza con la mia vita e nella mia vita, e ne sono riconoscente al Signore.

P. Jozo. - L'Inizio è stato per me molto difficile. Ero giunto a Medjugorje Otto mesi prima, da una parrocchia più grande. I superiori della Chiesa mi avevano detto che per perentoria richiesta dell’autorità esterna alla Chiesa io dovevo essere trasferito. Dava fastidio la mia attività sacerdotale tra i giovani. Quando venni a sapere delle apparizioni, la mia prima impressione fu questa, che i nemici della Chiesa avevano organizzato una trama, una messa in scena, per scoraggiare e annientare la mia attività nella Chiesa, specialmente tra i giovani. E pensavo che il loro disegno fosse quello di portare avanti questi eventi e questa macchinazione per una quindicina di giorni, quanti ne potevano bastare per rovinare e portare fuori strada la gioventù.
Per diversi giorni sono stato sotto questa impressione; ho cercato di interrogare spesso i ragazzi, per coglierli in fallo o in un ... “corto circuito”, per appurare se c’era qualche cosa di vero o di fittizio. Un’altra cosa che mi impressionava ancora di più era il fatto che, nonostante questi presunti eventi e nonostante la fiumana di gente che accorreva, la Polizia di Stato non interveniva, ma taceva, e se ne stette in disparte per molti giorni. Era, secondo me, una situazione abbastanza strana, che creava molte ambiguità.
Un terzo motivo che mi faceva trepidare, era la circostanza che due ragazze del numero dei cosiddetti “veggenti”, cioè Mirjana e Ivanka, risiedevano in città, rispettivamente a Sarajevo e a Mostar. Con loro non mi ero ancora mai incontrato. Il mio timore era che, stando in città, dove circola la droga e dove operano gli spacciatori, le due ragazze fossero entrate in contatto con quell’ambiente e che tentassero di trapiantarlo in paese. Il problema mi interessava molto, anche perché in quel periodo stavo pensando di scrivere sul medesimo alcuni articoli nella nostra rivista religiosa (oggi: Sveta bastina), dove tenevo una pagina sui problemi della famiglia. Ho quindi interrogato a lungo i ragazzi, registrando tutto, e mi sono alla fine convinto che questo elemento era completamente estraneo ai fatti.
I ragazzi venivano di giorno in giorno sempre più da me, dopo le “apparizioni”, ed io potevo così parlare con ciascuno di loro a quattrocchi. La loro serenità, la loro gioia erano in stridente contrasto con la mia tristezza interiore, perché non mi rendevo conto se i fatti erano opera di Dio o del demonio, se la Madonna veramente appariva o no.

Mi turbava il comportamento delle masse che accorrevano da ogni parte: di tutti quei “curiosi” che salivano sul monte, non ho mai notato che qualcuno varcasse la soglia della chiesa per trattenervisi in preghiera o in adorazione. Il dubbio forte che mi assaliva era questo: questa gente che sale lassù sul monte, se veramente cerca Dio, perché non lo cerca dove realmente sta, nell’Eucarestia? Se questi eventi sono opera di Dio, perché Dio non ispira questa gente a cercarlo dove veramente si trova? Perché cercarlo sul monte anziché in chiesa? Mi impressionava molto il fatto che questa gente non veniva in chiesa, che nessuno chiedeva di confessarsi. Non vedevo i frutti di questa curiosità, di questo continuo afflusso. Ero molto triste e non riuscivo a pregare con devozione.

Ho cercato di convincere i sacerdoti della parrocchia a pregare perché Dio ci illuminasse. Forse sono stato anche troppo severo con loro: li ho duramente rimproverati, perché avevo notato che si erano armati di apparecchi fotografici e di macchine da ripresa, e tutti, anziché venire in chiesa a pregare, salivano sul monte a fare riprese e fotografie.

Era domenica quella mattina, lo ricordo bene. Noi abbiamo celebrato la Messa, il miracolo dei miracoli, perché nel corso di essa Cristo si incarna nelle nostre mani; e invece la gente e i sacerdoti stessi andavano piuttosto lassù a curiosare e a fare fotografie!
La gente e i sacerdoti chiedevano il mio parere. A dire il vero, io non sentivo il bisogno o il desiderio di salire sui monte. Non ne avevo proprio voglia, ne mai ci sono andato fino al giorno in cui fui messo in carcere (17 agosto 1981).
Ogni giorno andavo in chiesa e pregavo il Signore di essere illuminato. Mi sembrava veramente che questa gente si trovava di fronte ad un mondo vuoto.
Dalla gente non ho avuto nessun incentivo o argomento per aderire o meno ai fatti, ma chiedevo soltanto a Dio di aiutarmi; e Lui mi ha aiutato, facendomi fare un primo passo di apertura verso i fatti. Mi diede un segno molto forte e la fede.
Stavo in chiesa a pregare. Non sognai, come Giuseppe (cf Mt 1,20; 2,13), ma sentii una voce molto forte, esterna a me, che mi disse: “Presto, esci di chiesa, salva i ragazzi!”. Mi mossi in fretta verso la porta centrale; aprii, feci il mio primo passo verso l’esterno, e mentre tenevo il piede sinistro sollevato per fare il secondo passo e con la mano destra reggevo la maniglia, in quello stesso istante dalla parte sinistra giunsero di corsa i ragazzi, pieni di paura, mi si avvinghiarono addosso e mi dissero: ‘Salvaci, la Polizia ci sta inseguendo!”. Li feci andare in fretta nella casa parrocchiale, dove rimasero nascosti finché la Polizia di dileguò.
Dopo che Dio mi diede il segno e la fede, riascoltai tutte le registrazioni che avevo fatto. Mi apparvero totalmente diverse. Capii che le parole dei ragazzi avevano tutto un altro significato, in ogni parola trovavo una profondità che prima non vedevo. Compresi che era come quando leggiamo il Vangelo con il cuore vuoto o con la fede. E’ tutta un’altra dimensione. E così quelle registrazioni e tutte le parole dei ragazzi mi fecero un’altra impressione, mi apparvero piene di ricchezza, di cui prima sembravano prive.
Quanto vi ho detto potrà bastare per informarvi un po’ sugli inizi.

COME LA GENTE E’ PASSATA DALLA CURIOSITA’ ALLA FEDE

Preferisci adesso dire qualche cosa di questa Voce celeste, che è stata indirizzata non a noi soltanto, che viviamo qui, ma a tutto il mondo.

B. - Quando hai acquisito la persuasione che si trattava di Voce celeste e che era rivolta a tutti?

J. - Dopo quel segno, subito mi resi conto che si trattava di un annuncio dato a tutti, annuncio che bisognava tradurre nella vita pratica.

B. - Da quanto tu sai, la gente si rese conto subito che si trattava di intervento di Dio, oppure ebbe difficoltà a convincersi?

J. - La gente, quando si accorse che io, non con leggerezza ma in base a segni ed esperienze forti, mi ero convinto dell’origine soprannaturale dei fatti e dei messaggi, si sentì rafforzata nel suo convincimento e fu felice di avermi dalla sua parte.

Mi accorsi che, dopo che si verificarono dei segni forti, anche i giornali cominciarono ad occuparsi dei fenomeni, più che altro come difatti sensazionali. Tra l’altro, fotografarono un uomo guarito dalla cecità e dalla lebbra. Ciò contribuì a far conoscere i fatti, ma anche a creare nuova curiosità. Vennero in molti, anche dall’estero; ma in loro predominava non la fede, ma la curiosità e la ricerca del sensazionale. Anzi io sono persuaso che questi segni, da soli, non sono in grado di portare gli uomini ad un approfondimento della fede e della preghiera. Per liberarci da questa vuota curiosità e arrivare alla fede, io annunciavo alla gente la presenza di Dio e della Madonna, e la gente ne era contenta. Però chiedevamo a Dio anche la forza di liberarci dalla curiosità. E un giorno la Madonna ci disse che questa curiosità e questa tentazione potevamo superarle soltanto con la preghiera e con il digiuno.
Era un mercoledì. C’era stata la Messa vespertina. Parlai quella sera della nostra fede, che deve passare attraverso un deserto di prove, che deve superare lo stato di stupore di fronte ai segni, per arrivare invece ad una persuasione interiore e vissuta. Annunciai alla gente che la Madonna ci chiedeva di superare questo male attraverso il digiuno. Chiesi pertanto ai presenti: “Siete disposti ad accettare un digiuno totale, per i tre giorni successivi, cioè giovedì, venerdì e sabato, e accettarlo volentieri, con gioia, con serenità e con entusiasmo, o tutt’al più, se qualcuno avesse proprio bisogno di prendere qualcosa, di prendere soltanto un po’ di acqua e un po’ di pane?”. Tutta la gente rispose all'unisono e con un boato: “Si, lo vogliamo!”. Mi sembrò per un istante che la chiesa stesse per crollare, tanto era stato forte e concorde il loro “sì”! Iniziarono il digiuno tutta la parrocchia e tutto il circondano. Non mangiarono nulla. Nelle stesse mense aziendali di Ljubuski, di Citluk e di Mostar i lavoratori non presero cibo. La gente di altre religioni fu presa da timore.
Dopo questo grande digiuno, ebbi la netta sensazione che una pioggia di grazie si era riversata su di noi e sugli altri luoghi dove si era digiunato. Notai che le persone si erano cambiate, e all'improvviso — venuti in chiesa — tutti espressero il desiderio di confessarsi. In chiesa c’erano molti sacerdoti: anche se in borghese, li riconobbi e li pregai di mettersi a disposizione per confessare la gente. Dovunque c’era un telefono, telefonai ai sacerdoti divenire per aiutarci. Si riunì così un centinaio di sacerdoti. Annunciai una grande liturgia penitenziale. Essa si svolse con fede, sincerità, commozione e con decisa volontà di conversione.

PER ACCOGLIERE IL DONO DI MEDJUGORJE, E’ NECESSARIA LA FEDE

B. - Voi, per credere, avete avuto dei segni. Pensi tu che anche per noi siano necessari dei segni per credere, o ci basti la vostra testimonianza e la vostra vita totalmente rinnovata?

J. - Ricercare segni visibili e tangibili, alla maniera di S. Tommaso, non la ritengo una via praticabile per giungere alla fede. Gesù ha rimproverato questa ricerca (cf. Gv 20,29).
I segni eccitano e turbano le persone. E’ vero: chi ha già ricevuto il dono della fede, in presenza ditali segni gioisce ed esclama: “Grande è il nostro Dio!”. Ma i segni possono anche provocare paura, e la paura non è fede. Per me è importante questo: io guardo la fede come un dono, come anche la preghiera la vedo come un dono. La fede è un dono dato agli uomini, ma spesso è un dono non ancora sviluppato, è una potenzialità che deve essere sviluppata dall’uomo.
Essa si deve trasmettere e sviluppare come si trasmette e si sviluppa il dono della parola: nell'ambito della famiglia, della comunità, con la collaborazione di tutti. Perciò ritengo che la famiglia, la piccola Chiesa locale, la Chiesa universale stessa, come comunità, devono conservare e proteggere la loro fisionomia, la loro identità, per essere in grado di svegliare, sviluppare, portare a maturazione i doni. Non siamo noi a dare i doni; a noi compete farli germogliare e crescere. La Chiesa non crea, non moltiplica il pane; essa soltanto lo distribuisce. E’ Gesù che lo dà (cf. Mc 6,41; 8, 6-7).

IL SEGNO PIÙ CONVINCENTE DELLA PRESENZA DI DIO A MEDJUGORJE CI E’ DATO DALLA CHIESA, DA QUESTA CHIESA 

B. - Ma la Chiesa, nel caso di Medjugorje, per riconoscerne la provenienza soprannaturale, per poter recepire e trasmettere il suo messaggio, ha bisogno di segni. Non parlo di noi, come singoli, ma della Chiesa come tale.

J. - Noi abbiamo ricevuto vari segni, segni della presenza divina. Gesù aveva detto: “Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi” (Gv 14,12; cf. Mt 21,21). Queste opere, questi segni devono accompagnare la Chiesa (cf. Mc 16, 17.20). Essi ci dicono che Gesù è in mezzo a noi. In tal modo, noi diventiamo punto di riferimento e di orientamento per gli uomini, come lo fu per Mosè il roveto ardente nel deserto (cf. Es 3, 2-5). La Chiesa deve dare questi segni, con i quali attrarre a sé gli uomini, perché conoscano il “mistero” che è lei stessa, e ascoltino Dio che parla in essa e per mezzo di essa. La Chiesa deve essere luce posta sul monte per illuminare il mondo, e con la sua testimonianza deve significare agli uomini che Dio è in essa.

COME REALIZZARE IL RINNOVAMENTO VOLUTO DALLA MADONNA

Questo rinnovamento è oggi offerto a tutti: tutti siamo chiamati adesso a vivere a Medjugorje, a vivere la propria fede, a vivere la grazia che Dio ci sta donando per mezzo di sua Madre, Mediatrice di tutte le grazie. Molte grazie noi le avevamo perdute come individui e come comunità nella Chiesa, e anche le comunità religiose e i sacerdoti e i Vescovi. Avevamo perduti molti doni, molte grazie, che sono necessarie perché la Chiesa adempia alla sua missione. Neppure per un istante la Chiesa può permettersi di diventare vedova, donna che non sia in grado di concepire e di generare, come Sana. Quando essa è toccata dalla grazia dello Spirito Santo e quando Egli la riempie della sua grazia, essa deve generare. Noi invece avevamo cessato di generare di portare frutti per questo mondo, frutti che rimangano (cf. Gv 15,16), che trasformino il mondo intero. Perciò Dio ha voluto farci tornare tutti, renderci capaci di dare testimonianza a questo mondo, di nutrire questo mondo, nutrirlo non con la paura, bensì con la sicurezza, la quale allontani la paura. Dobbiamo nutrire questo mondo anche quando si trova nell’ansia, quando trema dalla paura e dall’angoscia per le guerre, per il male che c’è nel mondo; noi dobbiamo diventare pace, perché abbiamo dimenticato di essere pace.
Noi siamo più importanti degli uomini politici di questo mondo, di coloro che comandano e credono di reggere le sorti del mondo; ma non è vero:
è Dio che regge i destini del mondo; è Maria colei che li regge, quale Regina dell’universo.
Ed essa ci dice: “Se pregherete, se crederete, se vi aprirete alla parola di mio Figlio, voi diventerete sua ‘madre’“. Ricordiamoci delle parole di Gesù: “Chi è mia Madre? E’ colui che ascolta la mia parola e vive secondo la medesima”. “E lo siete proprio voi”, diceva Gesù a quelli che lo ascoltavano (Mc 3,31-34).
Vedete. Gli uomini, oggi, hanno bisogno di Gesù, perché hanno bisogno della pace. Oggi tutto il mondo ha bisogno di Gesù, perché ha bisogno di amore. Oggi tutto il mondo ha bisogno della Chiesa, perché ha bisogno di Dio. E’ necessario quindi che noi ne siamo consapevoli, e che tale responsabilità cresca in noi. La responsabilità cresce in coloro che si rinnovano, che rinnovano il loro cuore e il loro spirito proprio a Medjugorje.
E se io ora dovessi dare un consiglio, quale potrebbe essere? Eccolo: rinnoviamo la Chiesa rinnovando noi stessi; salviamo questo mondo, che ci tende la mano e chiede il pane della salvezza. Diamoglielo. Esso si moltiplicherà nelle nostre mani, come avvenne un giorno sul monte, quando Gesù sfamò una grande moltitudine, dicendo agli apostoli: “prendete e distribuite voi, date da mangiare a questa gente”. E lui benediceva, Lui moltiplicava! Oggi Dio vuole che noi distribuiamo ciò che Lui moltiplica. Questi doni sono portati dal Cielo per mezzo di Maria.

PUNTI FERMI DEL NOSTRO RINNOVAMENTO:EUCARESTIA E BIBBIA

Dio quindi desidera nella sua Chiesa, in ciascuno di noi, risvegliare questi doni per mezzo di Maria. Ci siamo addormentati. Essa è entrata nel dormitorio del nostro mondo e della Chiesa, e ci ha detto: “Figli, è ormai tempo di risvegliarsi dal sonno; alzatevi” (Rm 13,11). Ella desidera rendere viva la nostra fede, perché Dio è vivo, è persona, parla. Nell’incontro col Dio vivo, l’uomo non può rimanere silenzioso; nell’incontro con Dio e con la sua grazia, l’uomo non può rimanere soltanto un intellettuale che cerca di indovinare che Dio esiste, che dice questo o quello. L’uomo deve dire: “Io l’ho visto, egli esiste; io l’ho incontrato”. Vedete, si tratta di testimoni che hanno veduto, come dice Gesù:
“Andate e narrate a tutti ciò che avete visto, ciò che avete udito, ciò che avete incontrato, ciò che avete palpato, con chi vi siete incontrati, ciò che avete vissuto e visto coi propri occhi come si vive. Andate, siate miei testimoni” (Mt 11,4; 1 Gv 1,1-2; Lc 24,48; At 1,8).
L’uomo non può trasformare la propria vita in falsità; solo ciò che ha visto. Perciò la Chiesa deve vedere, noi cristiani dobbiamo vedere e riconoscere e incontrarci con Dio nell’Eucarestia. Per questo Maria negli ultimi tempi continua ad invitarci a vivere la Messa, a vivere l’Eucarestia. Bisogna vivere dell’altare. L’altare è la nostra radice. Esso è fondamento e fonte dell’unità della Chiesa. E’ quindi necessario partecipare alla S, Messa in tal modo da poter dire: “Questo è il mio sacrificio, il sacrificio della mia salvezza; esso è grazia e primavera della mia Chiesa; è mi crescita e offerta di segno per tutto il mondo. Pio mi rende idoneo a diventare fertile, portatore di frutti, unito a tutti come sono uniti il Padre e il Figlio”. In questa unità, ci dice Gesù, chi mangia me, vive per me, come il tralcio è la vite.
Questa coscienza deve essere presente nella Chiesa: “Il mio Dio è la vite, Egli è la nostra radice”. Perciò Maria dice: “Vivete dell’Eucarestia”.
Maria inoltre ci invita a vivere radicati nella Bibbia, parola di Gesù, parola di Dio. Dio ha parlato e parla alla sua comunità. Ma questa nostra vita ha cessato di vivere con la sua forza viviente, il nostro cuore e la nostra anima sono andati in letargo. Perché?Perché non abbiamo aperto con fede la Bibbia. Bisogna vivere con la Bibbia, ci dice la Madonna.
Questa vita ci viene attraverso la preghiera.
Questi due valori della nostra fede e della nostra Chiesa sono custoditi nella Chiesa, ma noi viviamo come se non ci fossero. Maria è venuta per risvegliarci e per renderci cristiani consapevoli.

IL RINNOVAMENTO PASSA ATTRAVERSO I SACRAMENTI SPECIALMENTE QUELLO DELLA CONFESSIONE

A. - Mi interessa approfondire l’atteggiamento nuovo che dobbiamo avere di fronte al sacramento della Riconciliazione, cioè non più la solita confessione, ma andare al di là, per capire come fare questo cammino di conversione che ci conduce ad un intimo rapporto con Dio.

J. Tutte le realtà, tutti i sacramenti, tutte le grazie che abbiamo perso o dimenticato nella vita pratica cristiana, Dio — tramite la Madonna — ce li vuole dare ad un nuovo prezzo. Noi, come cristiani, diciamo sempre che, siamo cristiani, ma non abbiamo dato frutti: siamo come quella pianta di fico, che era nella vigna, e che non dava frutti (Lc 13,5-8). Il rinnovamento, il cambiamento comincia là dove noi facciamo il primo passo per la nostra conversione. Il figliol prodigo, che era andato lontano dalla casa paterna, disse: “Voglio ritornare a casa del padre mio” (Lc 15,18). Quando noi ci troviamo nella disposizione di dire questa parola e di realizzarla effettivamente, in quel momento comincia a prodursi in noi una novità, inizia la nostra conversione. E questo incontro con il Padre si sviluppa, cresce nei sacramenti, per esempio nel sacramento della Confessione. La Madonna ha più volte detto: “Confessatevi, confessatevi”. Ma confessarci significa per noi trasformarci, aprire il nostro cuore per ricevere la pace, perché io debbo essere lo strumento della pace, la Chiesa è strumento della pace; e tutti noi, come rami di una pianta, dobbiamo non solo essere segni della pace, ma strumenti della pace. Allora, mediante questo sacramento della Confessione cresce in me una grazia, che è impossibile ricevere in altra sede. Il Signore ci ha dato queste fonti per la nostra crescita, per il nostro cammino. Come gente in cammino, dobbiamo servirci di questi mezzi, servirci praticamente di essi. Come nelle nostre giornate noi abbiamo un orario ed un piano di vita, così anche nella nostra vita cristiana noi dobbiamo avere una regola di condotta. Come il mio corpo ha bisogno di riposo, come la terra ha bisogno e cerca l’acqua, coal anche la mia fede, la mia anima ha bisogno delle fonti della grazia. E queste fonti sono accessibili, perché noi sappiamo dove stanno,dove sono state lasciate in custodia dal Signore per noi, per la sua Chiesa.

A. - E’ vero. Man man che si va avanti, di fronte alla grandezza e alla bontà del Signore, di fronte a questi doni che ci ha elargiti, ci si accorge della nostra povertà.

J. - Noi non dobbiamo mai avere paura. Davanti a Dio, noi siamo importanti, anzi importantissimi, perché Dio offre la sua salvezza a tutti gli uomini. Se noi ci rendiamo disponibili al Signore, Egli opera, fa miracoli, fa segni che accompagnano la Chiesa, testimoniano che la Chiesa è viva; i segni che avvengono qui, dicono che la Chiesa qui è viva.
Possiamo ancora fermare la nostra attenzione sul sacramento della Confessione, che ci dà una nuova vita. Che senso ha il dire: “Il sacramento della Confessione mi riesce difficile a praticano”? Noi non ci accorgiamo della grazia che sta in questo sacramento, non vediamo ciò che fa il Signore in esso. Siamo come Bartimeo, il cieco, che era vicino alla strada dove passava Gesù. Sapeva solo gridare: “Signore, Figlio di David, abbi pietà di me”. Molte volte noi ci incontreremo con Gesù, ma siamo come quel cieco: non vediamo che Gesù sta nel sacramento, perché tutti i sacramenti sono misteri. Noi non vediamo come sia possibile entrare in questo mistero, e come esso sia inesauribile perché è un dono divino dove c’è Dio.
In tutte le mie prediche, che faccio alla gente, io queste cose le dico, e non perché le debba dire, ma perché debbo testimoniare che nei sacramenti noi incontriamo Gesù.

NON E’ POSSIBILE VENIRE A MEDJUGORJE E RESTARE COME PRIMA

Così, per Medjugorje, tutti noi dobbiamo dire chi è con noi a Medjugorje. Ognuno ha il compito di dare la sua testimonianza. Non è possibile venire a Medjugorje, e restare come prima. Molti hanno incontrato Gesù in Galilea e a Gerusalemme, ed hanno detto: “Ma costui parla come mai nessuno finora”. Eppure sono rimasti come erano prima. A Medjugorje la Madonna è venuta come nostra Mamma non per darci delle informazioni, ma è venuta per restare con noi. Noi non dobbiamo ritornare a casa per fare della propaganda in favore di Medjugorje, ma come testimoni, come depositari di una testimonianza, per dire cioè che la Madonna a Medjugorje offre, dona qualcosa, e che noi abbiamo accolto questi doni. Venire quindi a Medjugorje significa prendere un compito, dare la testimonianza che io ho ascoltato, ho accolto, ho tradotto nella mia vita.
Dobbiamo infatti ricordare che quando Dio parla, la sua non è soltanto una parola, perché questa è sempre accompagnata dalla grazia. Dio non ci dà soltanto una dottrina, ci dà una vita, ci dà Se Stesso. Il nostro atteggiamento quindi non è soltanto di ascolto, ma di apertura alla grazia e alla persona del Signore.

A cura di P. Barnaba Hechich O.F.M.

 

 

Fonte:  https://medjugorje.altervista.org/