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giovedì 31 marzo 2022

Rottura col rock satanico e pianto liberatore a Medjugorje- Testimonianza di Robbie Hurley

 


Testimonianza di Robbie Hurley (ex. Winter's Reign-pubblicato giugno, 1991)


Un giovane capellone, alto, dallo sguardo aperto e con un largo sorriso. Tutta la scorsa estate, inosservato, si era messo a disposizione dei pellegrini d’Irlanda, Li accompagnava sul Podbrdo e sul Krizevac. Pregava con loro, parlava di sè,
della propria conversione. Volentieri accoglieva l’invito di cantare durante l’adorazione della sera, ma mai disse ai francescani della parrocchia che la musica era stata la sua vocazione. Quando lo si seppe, lo si pregò di dire qualcosa di più della sua vita, del suo gruppo di rock n’roll, delle sue produzioni, della sua esperienza a Medjugorje.

Così rispose cordialmente a P.Slavko:
D.— Mi pare che ti chiami Robbie. Sei qui da molto tempo e io non ti conosco. Dimmi prima di tutto qualcosa dite.

R.— Esatto: mi chiamo Robbie Urley. La mia vita somiglia a quella di molti miei contemporanei, giovani, in Irlanda. Ma forse è dappertutto così. La somiglianza sta in questo, che provengo da una famiglia divisa. I miei genitori si sono separati e la loro separazione portò una ferita profonda nella mia anima e nell’anima dei miei fratelli e sorelle. Queste ferite hanno inciso in me. Hanno fatto della mia un’infanzia infelice. Di studiare non ne avevo molta voglia. Comunque terminai gli studi d’obbligo. Crebbi senza un’educazione religiosa. Per natura sono un tipo sereno. Mi piace pensare e leggere. Lessi molto nella mia vita. Per natura sono anche un po’ poeta. Forse questo mi ha aiutato a non lasciarmi distruggere dopo la separazione dei miei genitori. Avevo trovato lavoro in un bar, come cameriere. Nel tempo libero mi dedicavo alla musica. E così vivevo la mia vita, finché un giorno è successo qualcosa...
D.— Vorresti raccontarci che cosa d’importante è successo nella tua vita?

R.— Sì. Nello stesso bar venne a lavorare una ragazza. Si lavorava assieme. Lei mi dava entusiasmo. Risvegliava qualcosa di profondo nel mio cuore. Non era un innamoramento; era qualcos’altro —dice Robbie prudentemente mentre legge in se stesso—. La ragazza ha irradiato in me qualcosa di nuovo: le sue parole, il suo tratto con la gente, il sorriso del suo volto mi attirava. Quando io avevo il tempo libero ce l’aveva pure lei, si parlava assieme: lei aveva portato pace nella mai vita.
D.— Tutto questo che relazione ha con Medjugorje?

R.— E’ stato questo il mio primo impatto con i messaggi di Medjugorje che si erano incarnati in questa ragazza. Lei non me ne aveva mai parlato prima. Rise e mi disse: “Io sono stata in pellegrinaggio in un paese della Jugoslavia dove appare la Madonna, Regina della Pace: La Vergine di continuo invita alla pace e dà la pace. Io l’ho provato in me. Prima di quel pellegrinaggio la mia vita era senza senso. Ero inquieta. Niente mi dava soddisfazione. Poi, all’improvviso, mi sono sentita immersa in uno stato d’animo spirituale stranissimo: era la pace interiore”.
Io ascoltavo quella testimonianza e credevo che tutto ciò che la ragazza mi diceva fosse vero. E io?... Da tanto tempo non andavo più in chiesa: da almeno dieci anni. E pensavo che tutta quella realtà fosse molto lontana da me. Quando lei mi mostrò la foto di alcuni veggenti che erano normali e belli non ero convinto: chi vede la Madonna — pensavo — deve essere santo, deve avere un’aureola attorno al capo.
Ma questa ragazza continuava imperterrita a testimoniare la sua esperienza e il mio cuore si apriva sempre più... ma mi si agghiacciò quando mi disse che la Madonna parlava di satana. Sì, satana esiste, ma scattava in me una certa resistenza ad ammettere la sua azione.
D.— Quando hai cominciato ad andare a messa?

R.— E’ stata lei a condurmi, ma senza insistere... Ha cominciato a parlarmi della messa dei giovani a Dublino. Sentivo che la sua testimonianza arrivava fino al mio cuore. Io non conciliavo ciò che sentivo della messa con ciò che lei mi diceva. Mi invitò a parteciparvi almeno una volta per farne esperienza. Accettai perché mi disse che sarebbe venuta anche lei. Venendo anche lei la cosa mi sembrava la più normale. Ho veramente fatto esperienza di un gruppo di giovani che pregano, immersi in qualcosa di misterioso per me. Quando dopo due ore dissero che l’incontro di preghiera era finito, io avrei voluto che quell’esperienza non finisse mai! Da allora cominciai ad andare a messa. Il mio era un incontro profondo con Dio. Era proprio questo che cercavo.
D.— Come e quando ti sei deciso di venire a Medjugorje?

R.— E’ passato molto tempo. Dopo queste esperienze sono diventato membro di un gruppo Rock denominato “WINTERS REIGN”: ne ero un punto chiave. In breve tempo fummo conosciuti in Irlanda e in Inghilterra, in Cecoslovacchia. Alcuni specialisti ci pronosticarono un avvenire brillante. Ci affermavamo dappertutto. I giovani si accalcavano attorno a noi e ci festeggiavano. Ma in questi spettacoli circolavano droga, alcool, sesso e ogni possibile piacere: tutto era a portata di mano...
D.— Certamente lo sai che in questo tipo di musica si parla di tutto, e si collabora direttamente con satana. Come guardi a questo fatto e che cosa pensi dei giovani che ascoltano una tale musica nei bar e nelle discoteche?

R.— Io so che la cosa mi era molto dura. Mi trovavo di continuo tra due fuochi: o decidermi per Dio, che avevo scoperto tramite quella ragazza, oppure voltargli le spalle. Tutta questa faccenda del gruppo ti allontana da Dio. Io non so quanto fino a che punto fosse legato a satana. Ma so che mi era molto difficile pregare. Quando in una canzone ho solo pronunciato la parola “preghiera”, il capo mi rimproverò come un piccolo bambino: “Perché? Noi non siamo in chiesa — mi disse — ma siamo nel rock”. Per quanto riguarda i giovani devo dire che quando si ascolta questa musica, soprattutto il rock pesante, è impossibile pregare. Esso uccide contemporaneamente nell’uomo il desiderio di Dio e della preghiera. Uccide il sentimento del bello e del buono..., e invece suscita sentimenti di violenza. Scatena la passione sessuale e tutte le altre. Per questo molti giovani si danno alla droga e finiscono col distruggersi. Ma conosco anche altri che sono solo vittime del denaro, della droga, che sono persone distrutte e null’altro.
Intanto in me cresceva il desiderio di andare a Medjugorje. Ma non osavo chiedere una settimana libera, perché il capo era una persona severa, fredda, calcolatrice. Non vedeva che spettacoli, denaro, concerti... Aspettavo l’occasione buona per chiedergli una settimana di permesso. E, stranamente, me la concesse. E così approdai a Medjugorje.
D.— E poi che cosa è successo?

R.— Qui, a Medjugorje, vissi momenti incredibili. In chiesa, durante la messa, feci esperienza di Dio, Egli mi era certamente vicino. In Chiesa cantavano: “O Dio, io mi dono a Te, scelgo Te per mio Signore...” — così pressappoco erano le parole — e in quell’istante caddi in inocchio, sentii la presenza di Dio. Il cuore mi scoppiava. Piangevo e piangevo. Non so quando finì la messa. Ma so che quando uscii di chiesa ero come un altro uomo, nuovo. Lavato, pulito, in ordine. Mi sentivo felice. Per tutta la settimana continuai a pregare; andavo sul Podbrdo e sul Krizevac. Cercavo il silenzio. Ero come in paradiso.
Quando dovetti tornare a casa, provai una forte resistenza. Non avrei voluto partire. Volevo restare. Tutto il tempo del viaggio per Dubrovnik continuai a piangere. Ma cercavo di nascondere le lacrime. Soprattutto mi pesava il sapere che all'aeroporto di Dublino mi aspettavano perché già quella sera avevamo un concerto in uno degli alberghi più lussuosi della città. Il pensiero di quello spettacolo, di quel canto, di quella musica e di quelle passioni, mi destava ripugnanza. Ma non c’era altra scelta. Si cantò bene. Il successo fu pieno, ma la mia anima e il mio cuore erano rimasti vuoti. Andai a letto molto tardi. La mattina, quando mi svegliai, provai lo stesso sentimento come nella chiesa di Medjugorje. Sentivo Dio che mi stava vicino. Sentivo queste parole che non erano un discorso: “Desideri deciderti per me e vivere felice e in pace pur soffrendo e poi essere con me in Paradiso, oppure preferisci voltarmi le spalle e quindi perderti e rovinarti per sempre?...”. Mi trovavo di nuovo a dover decidere. Piangevo e dicevo: “Padre, io non voglio più essere quello che sono. Tu sii al primo posto nella mia vita!”. Non so quanto durò questa esperienza. Ma so che mi sono di nuovo addormentato tranquillamente, deciso di abbandonare quella pericolosa professione.
D.— Di conseguenza hai dovuto dare addio al gruppo?

R.— Certamente. E’ stato molto duro lasciare il gruppo. Lo giudicavo un tradimento dei colleghi del gruppo intero che perdeva un membro chiave. Questi pensieri mi disturbavano. Tuttavia restai fermo nella mia decisione. Trovai la forza di congedarmi. Allora ruppi con il gruppo, venni a Medjugorje, e mi fermai qui per l’intera estate 1991.


Fonte: Echo of Mary

Giovani slovacchi arrivati a Medjugorje per il Festival, testimoni di un miracolo: "il suo cuore non batteva più"

 


Guarigione miracolosa di un ragazzo ufficialmente dichiarato morto: La cosa meravigliosa in questo caso è che è avvenuta quando 40.000 giovani presenti al Festival hanno pregato a Medjugorje
Questa incredibile testimonianza è stata condivisa da suor Emmanuel Maillard (della Comunità della Beatitudinee dal 1989 vive a Medjugorje).

Domenico e il Festival della Gioventù. 
Il 3 agosto si è verificato a Medjugorje un evento inaspettato. Poiché gli articoli su Internet diffondono molte imprecisioni, ho voluto condurre un esame serio prima di scrivere un articolo a riguardo da sola. Quindi il testo che segue delinea quei fatti che ho avuto dalla famiglia di Dominic, scrive suor Emmanuel.


Dominik Juros, un giovane slovacco di 16 anni nato in una famiglia cattolica del villaggio di Hran, è arrivato quest'estate a Medjugorje per il Festival della gioventù insieme ai suoi coetanei della sua zona. Per diversi mesi prima di arrivare a Medjugorje, Domenico ha attraversato una ribellione interna che ruotava principalmente intorno alla fede.

Non voleva più ministrare a Messa. Si è rifiutato di pregare con i suoi genitori. E sebbene i membri della sua società come gruppo facessero domanda per il pellegrinaggio, non erano realmente interessati né al Festival della Gioventù né a Dio. Si comportavano come turisti in vacanza.

Il 3 agosto Medjugorje era terribilmente calda. Invece di seguire il programma del festival, il gruppo ha deciso di fare il bagno alle vicine cascate di Kravice insieme alla loro guida Janko. Dominic scivolò nell'acqua gelida e affondò a circa tre piedi di profondità. Riuscì ad emergere più volte, ma nessuno si accorse che stava annegando. Le persone intorno a lui pensavano che stesse giocando a un gioco tutto suo. Dieci minuti dopo, Janko era preoccupato perché non lo vedeva più! Così nuotò dove l'aveva visto l'ultima volta.

Con l'aiuto di diverse persone, ha tirato fuori Dominic dall'acqua. Ma il suo cuore non batteva più. Dopo 15-20 minuti di rianimazione, ha ripreso a battere, ma durante il tragitto verso l'ospedale di Mostar si è fermato di nuovo. E i polmoni hanno smesso di funzionare. In ospedale, Domenico è stato posto in stato di coma indotto e l'apparato ha assunto le funzioni vitali del suo corpo.

Il giorno successivo, i suoi genitori dalla Slovacchia arrivarono bruscamente a Mostar. Dopo aver ascoltato l'accaduto, tutti i giovani radunati al Festival hanno cominciato a pregare con fervore per lui, e quella bella catena di preghiera scorreva allora giorno e notte! Anche i compagni di autobus di Domenico, improvvisamente presi dal timore di Dio, si misero a pregare. Tutti si confessarono e assistettero alla Messa con grande devozione.

Il 5 agosto, circondato dalla sua famiglia e pieno di preghiere, Domenico iniziò a dare segni inaspettati. Sebbene privo di sensi, stringeva la mano a sua madre o piangeva. Si è svegliato il 7 agosto e tutti i suoi organi hanno preso vita. La sua prima reazione è stata quella di piangere e chiedere perdono ai suoi genitori. Afferrò la mano di sua madre e le chiese di pregare con lui e così tanto. Voleva confessare i suoi peccati e così ordinarono a un sacerdote di venire. Fu quindi trasferito in un ospedale slovacco, dove iniziò a camminare e parlare normalmente. Quattro settimane dopo tornò a scuola. Il suo medico slovacco ha detto che la guarigione di Dominic è stata scioccante considerando tutto ciò che aveva passato.

Dominic ha raccontato alcuni aspetti interessanti della sua esperienza. Ad esempio, sebbene fosse privo di sensi quando è stato tirato fuori dall'acqua, ha visto i suoi genitori in Slovacchia seduti davanti alla TV e sapeva cosa stavano facendo e dove stava andando.

L'8 agosto, secondo i presenti, e secondo Domenico, è diventato ipersensibile. Sentiva lotte interiori e aveva percezioni insolite.

Secondo Dominic, mentre era tra la vita e la morte, si sentiva minacciato dai "personaggi oscuri" presenti in ospedale. Alcuni stavano sulla porta, mentre altri provocavano il caos nella stanza del malato accusandolo. Questi personaggi cercavano costantemente di impedire a sua madre di pregare accanto al suo capezzale. Il volto di Domenico si illuminò quando avvertì la presenza di una persona piena di luce, pace e gioia che pensava fosse la Madre di Dio. Quando qualcuno entrò nella stanza portando dell'acqua, capì che era acqua santa e pensò: “Oh, acqua santa! Lei mi aiuterà ora! ”Ha detto di essere in grado di percepire le preghiere della sua famiglia come rassicuranti, positive, utili e piene di vita.


Domenico vide anche il purgatorio. Lì vide soffrire due giovani di una città vicina. Li ha visti bruciare un'auto e poi morire in un incidente d'auto. Vide angeli, esseri splendenti con bei volti vestiti di bianco. Disse anche che guardava Gesù faccia a faccia e che Gesù ha gli occhi più belli. Mentre la sua famiglia pregava il rosario della Divina Misericordia accanto al suo capezzale, lui chiese loro: "Sentite quel profumo meraviglioso?" "Che profumo?" chiese sua madre. “Sangue di Gesù! Ha un profumo meraviglioso! ”rispose.

Ci sono molti altri dettagli di questa storia che non possono essere raccontati qui, ma è importante sapere che la madre di Domenico l'ha dedicata alla Madonna al momento del concepimento.

Domenico ripeteva spesso che dovremmo amarci e perdonarci, e che l'amore è la cosa più importante nella vita. Implora costantemente i membri della sua famiglia di trattarsi l'un l'altro con molto amore, anche nelle cose più piccole, e di perdonare sempre e non avere nemici. Dopo aver sperimentato brevemente il dolce sapore del paradiso, Dominic si è pentito che l'équipe medica gli avesse salvato la vita!

Sappiamo che è normale che si verifichino gravi danni cerebrali se una persona trascorre alcuni minuti sott'acqua senza ossigeno. Ma nel caso di Domenico, solo Dio sa se si tratta, dal punto di vista medico, di un miracolo. Questo è un po' importante! La cosa meravigliosa in questo caso è che è successo quando 40.000 giovani presenti al Festival hanno pregato a Medjugorje.

Il Signore si è servito di questo adolescente, che stava attraversando una crisi, per piegare le ginocchia a tutti i suoi amici (quelli presenti a Medjugorje e quelli in Slovacchia), per incoraggiarli a confessarsi e a restituire il loro cuore a Dio. Inoltre, per alcuni di questi bambini che mettono le cose del mondo al primo posto nella loro vita e che pensavano di poter fare a meno di Dio, l'esperienza di Domenico ha rivelato un altro mondo, altri valori, e ha ricordato loro il comandamento più importante di Gesù: «Amatevi gli uni gli altri come io amo te. Ti ho amato! ”

Dominic non ricorda tutto, ma il risultato della grazia è più che ovvio nella sua vita. È diventato un giovane che oggi prega profondamente, che vive con zelo la sua fede e che si unisce con gioia ai suoi genitori e alla sua famiglia nella preghiera. Mostra grande riverenza per la croce di Gesù e la Madonna. Tutti i suoi parenti sono grati per la grazia che il Signore gli ha mostrato. Anche suo nonno, un tempo ostinato avversario di Medjugorje, ora vuole venire qui. Magnifico!

Ch.s. Emanuele +

emmanuel.org
 
medjugorje-info.com



"Genitori.. sono molto preoccupato per i giovani, state attenti!"- Messaggio di Fratel Biagio Conte



Da qualche settimane
Fratel Biagio Conte ha ricominciato ad alimentarsi e, così, va lentamente riprendendosi dopo il lungo digiuno durato circa nove mesi.
Le sue condizioni sono migliorate ma ha bisogno ancora di qualche cura medica. Tutta la Comunità della Missione di Speranza e Carità e la Comunità dell'Oasi della Speranza dove si trova, per adesso, ospite, gli sono vicino.
Da qualche giorno ha ricominciato a ricevere qualche visita e proprio in questi giorni un cittadino palermitano che fa parte di uno dei gruppi di preghiera "Oikos", seguiti dal Sacerdote P. Orofino, gli ha chiesto di inviare un messaggio - video al proprio gruppo.
Questo video è stato molto condiviso e ve lo proponiamo anche noi
perché contiene un bel messaggio
 
 
 Video
 del 27 marzo 2022👇👇

 

 

PAGINA FB: Pace e Speranza - Fratel Biagio

mercoledì 30 marzo 2022

E' brutto quando si perde la sensibilità dello Spirito: non ci si accorge di essere anestetizzati- UDIENZA GENERALE 30 MARZO 2022

 

UDIENZA GENERALE
 30 MARZO 2022
PAPA FRANCESCO 


 



Lo Spirito Santo fa proprio questo: illumina i sensi. 
  L’anestesia dei sensi spirituali – e questo è brutto – l’anestesia dei sensi spirituali, nell’eccitazione e nello stordimento di quelli del corpo, è una sindrome diffusa in una società che coltiva l’illusione dell’eterna giovinezza, e il suo tratto più pericoloso sta nel fatto che essa è per lo più inconsapevole. Non ci si accorge di essere anestetizzati. E questo succede: è sempre successo e succede nei nostri tempi. I sensi anestetizzati, senza capire cosa succede; i sensi interiori, i sensi dello spirito per capire la presenza di Dio o la presenza del male, anestetizzati, non distinguono.

AUDIO PAPA FRANCESCO
(clicca qui per ascoltare)  👇👇
 





Quando perdi la sensibilità del tatto o del gusto, te ne accorgi subito. Invece, quella dell’anima, quella sensibilità dell’anima puoi ignorarla a lungo, vivere senza accorgerti che hai perso la sensibilità dell’anima. Essa non riguarda semplicemente il pensiero di Dio o della religione. L’insensibilità dei sensi spirituali riguarda la compassione e la pietà, la vergogna e il rimorso, la fedeltà e la dedizione, la tenerezza e l’onore, la responsabilità propria e il dolore per l’altro. È curioso: l’insensibilità non ti fa capire la compassione, non ti fa capire la pietà, non ti fa provare vergogna o rimorso per avere fatto una cosa brutta. È così: i sensi spirituali anestetizzati confondono tutto e uno non sente, spiritualmente, cose del genere. E la vecchiaia diventa, per così dire, la prima perdita, la prima vittima di questa perdita di sensibilità. In una società che esercita soprattutto la sensibilità per il godimento, non può che venir meno l’attenzione verso i fragili e prevalere la competizione dei vincenti. E così si perde la sensibilità. Certo, la retorica dell’inclusione è la formula di rito di ogni discorso politicamente corretto. Ma ancora non porta una reale correzione nelle pratiche della convivenza normale: stenta a crescere una cultura della tenerezza sociale. No: lo spirito della fraternità umana – che mi è sembrato necessario rilanciare con forza – è come un abito dismesso, da ammirare, sì, ma… in un museo. Si perde la sensibilità umana, si perdono questi movimenti dello spirito che ci fanno umani.

È vero, nella vita reale possiamo osservare, con commossa gratitudine, tanti giovani capaci di onorare fino in fondo questa fraternità. Ma proprio qui sta il problema: esiste uno scarto, uno scarto colpevole, fra la testimonianza di questa linfa vitale della tenerezza sociale e il conformismo che impone alla giovinezza di raccontarsi in tutt’altro modo. Che cosa possiamo fare per colmare questo scarto?
 
 Perdono lo spirito, perdono la voglia di vivere con maturità e, come si dice usualmente, si vive con superficialità. È la grande generazione dei superficiali, che non si permettono di sentire le cose con la sensibilità dello spirito. Ma perché non si permettono? In parte per pigrizia, e in parte perché già non possono: l’hanno persa. È brutto quando una civiltà perde la sensibilità dello spirito. Invece, è bellissimo quando troviamo anziani come Simeone e Anna che conservano questa sensibilità dello spirito e sono capaci di capire le diverse situazioni, come questi due hanno capito questa situazione che era davanti a loro che era la manifestazione del Messia. Nessun risentimento e nessuna recriminazione, per questo, quando sono in questo stato di staticità. Invece, grande commozione e grande consolazione quando i sensi spirituali sono ancora vivi. La commozione e la consolazione di poter vedere e annunciare che la storia della loro generazione non è perduta o sprecata, proprio grazie a un evento che prende carne e si manifesta nella generazione che segue. E questo è quello che sente un anziano quando i nipoti vanno a parlare con lui: si sentono ravvivare. “Ah, la mia vita ancora è qui”. È tanto importante andare dagli anziani, è tanto importante ascoltarli. È tanto importante parlare con loro, perché avviene questo scambio di civiltà, questo scambio di maturità fra giovani e anziani. E così, la nostra civiltà va avanti in modo maturo.

Solo la vecchiaia spirituale può dare questa testimonianza, umile e folgorante, rendendola autorevole ed esemplare per tutti. La vecchiaia che ha coltivato la sensibilità dell’anima spegne ogni invidia tra le generazioni, ogni risentimento, ogni recriminazione per un avvento di Dio nella generazione che viene, che arriva insieme con il congedo della propria. E questo è quello che succede a un anziano aperto con un giovane aperto: si congeda dalla vita ma consegnando – tra virgolette – la propria vita alla nuova generazione. E questo è quel congedo di Simeone e Anna: “Adesso posso andare in pace”. La sensibilità spirituale dell’età anziana è in grado di abbattere la competizione e il conflitto fra le generazioni in modo credibile e definitivo. Sorpassa, questa sensibilità: gli anziani, con questa sensibilità, sorpassano il conflitto, vanno oltre, vanno all’unità, non al conflitto. Questo certamente è impossibile agli uomini, ma è possibile a Dio. E oggi ne abbiamo tanto bisogno, della sensibilità dello spirito, della maturità dello spirito, abbiamo bisogno di anziani saggi, maturi nello spirito che ci diano una speranza per la vita

JELENA VASILJ- IL DONO DELL’ASCOLTO: per essere certi che è Dio a parlarci è quando...

 


JELENA VASILJ: IL DONO DELL’ASCOLTO
18/12/2003
Jelena, il dono che il Signore ti ha affidato per guidare il gruppo di preghiera a Medjugorje è legato all’ascolto interiore. In qualche modo a te veniva chiesto di "porgere l’orecchio del cuore" per poi essere "trasmettitore" per gli altri delle parole che venivano dal cielo. L’ascolto in te è nato in modo naturale, ma tu cosa hai fatto per farlo crescere, per farlo maturare?

Fatico sempre a rintracciare questa maturazione, anche se non posso negare il percorso fatto… Tuttavia penso che l’ascolto sia l’atteggiamento fondamentale che la nostra anima deve avere verso Dio, perché se non c’è ascolto, non c’è neanche trasformazione. Mi vengono in mente, a questo proposito, le parole di un salmo: "Fa splendere su noi Signore la luce del tuo volto". Quando iniziamo ad innamorarci di Dio cominciamo anche ad assomigliare a Lui, perché è la sua luce che inizia ad inabitarci. L’ascolto, quindi, è la capacità di accogliere l’altro, di essere protesi verso l’altro, non secondo le nostre aspettative ma secondo quello che l’altro è. Per questo ci vuole tanta maturità.

Sicuramente anche tanto rispetto del "diverso", perché spesso si tende ad identificarsi con l’altro e a desiderare che le sue parole corrispondano ai nostri criteri.

Certamente. Non dobbiamo cercare noi stessi in quello che è l’altro, ma dobbiamo lasciarci in qualche modo sorprendere da lui. Adesso che ho un figlio, mi accorgo che è una continua sorpresa: quando mi sembra di averlo capito, il giorno dopo scopro che devo ricominciare daccapo… Ogni uomo è un mistero, quanto più Dio! Non si arriva mai a comprenderlo del tutto, e per questo non ci annoiamo mai!

Nel gruppo di preghiera il tuo dono era molto importante, perché dalla tua capacità di ascolto dipendeva anche l’azione degli altri. Come vivevi questa responsabilità, questo servizio, questa missione?

Ho sperimentato che si deve sempre passare attraverso la sofferenza e rinnegare se stessi, perché se non si è capaci di rinunciare a tutto, persino ai propri desideri, non si può accogliere l’altro. Forse anche in Dio cerchiamo solo la nostra felicità - il che è anche lecito - ma non per questo dobbiamo ricercare la nostra soddisfazione. Dobbiamo piuttosto cercare l’incontro con l’Altro. Innanzitutto dobbiamo cercare il Donatore, poi il dono viene di conseguenza. Se ci concentriamo troppo sui doni rischiamo di perdere di vista colui che ce li ha dati, come quando ci entusiasmiamo per un regalo ricevuto e trascuriamo tutto il significato di affetto e di attenzione che ha motivato questo regalo.

Dio continuamente ci ripete: "ascolta Israele…". Questa insistenza significa che siamo un po’ refrattari?

Nel rito del Battesimo c’è un momento bellissimo, quando il sacerdote benedice le orecchie perché si aprano ad ascoltare la Parola di Dio, una parola che poi diventa vita e dona gioia. Ma sappiamo bene che i nostri sensi sono molto delicati e bisogna proteggerli, perché possono anche percepire il negativo.

Come si individua dentro di noi la voce di Dio?

Sicuramente al principio di tutto c’è la Grazia e noi ci possiamo aprire ad essa solo ponendoci in ascolto. Ad esempio gli ebrei leggono la Sacra Scrittura ad alta voce, in pratica se la "autoproclamano". Anche la nostra preghiera dovrebbe essere un autoproclamarci la Parola dio Dio. Talvolta mi è capitato di trovare delle risposte in cose che avevo scritto io stessa, solo dopo averle rilette. Cosa intendo con questo? Che non bisogna permettere che la Parola rimanga superficiale ma occorre far sì che ci penetri l’anima.

Per saper ascoltare Dio bisogna prima imparare ad ascoltare gli altri. Hai accennato prima al tuo bambino. Come vivi con lui la dimensione dell’ascolto?

L’esperienza della maternità mi insegna innanzitutto ad aprire bene le orecchie, perché se una madre non ascolta il bambino piange, e se piange c’è sempre un motivo. È così facile trarre delle conclusioni… Invece se ci si sforza ad ascoltare con attenzione, tutto diventa semplice e reale. A volte è capitato che lo affidassi a qualcuno che nel frattempo guardava la televisione. Il piccolo se ne accorgeva subito e cominciava a piangere. Con questo non voglio dire che il bambino debba essere adorato o debba controllare in modo assoluto l’ambiente, però è anche vero che lui ha bisogno del nostro ascolto per tranquillizzarsi.

E nel rapporto di coppia?

È così anche nel rapporto di coppia, nel matrimonio. C’è bisogno di entrare in contatto. È una lotta, ma quando riusciamo a creare il contatto e a dirci quello che abbiamo nel cuore si crea subito la pace. A quel punto ognuno si sente libero di fare le proprie cose e di vivere la propria indipendenza. Ma senza questo contatto anche l’indipendenza diventa una specie di azione contro l’altro; è come se ci dicessimo: tu mi disturbi, esci fuori dal mio spazio! Invece quando la comunicazione è viva, ogni cosa che facciamo favorisce la comunione.

Tu ti senti ascoltata?

Si. Non è una cosa automatica, perché ognuno ha i propri egoismi. Tuttavia devo riconoscere che esiste la volontà di ascoltarsi. E quando c’è questo desiderio allora si può già parlare di unione, che non è assolutamente scontata. Mi sono accorta che ogni tanto quando io e mio marito siamo lontani tutto il giorno l’uno dall’altra, la sera può capitare di far fatica a comunicare. In questi casi ci vuole tempo per ritrovare la "frequenza". Ma dopo diversi tentativi, riusciamo a "sintonizzarci" nuovamente. Le coppie devono combattere per proteggere la sintonia, devono ritornare ogni giorno alla base per ristabilire il contatto, per entrare in ascolto l’una dell’altro. E poi da lì ripartire per affrontare il resto. Esiste infatti il rischio che non si costruisce insieme.

Questo vale anche per Dio?

Io penso di sì, perché dobbiamo fare la sua volontà, e per questo bisogna abbandonare la propria. Questo è croce, è sacrificio, ma ti accorgi dopo da quante cose Dio ti preserva quando hai il coraggio di fare secondo Lui. Ci vuole calma e pazienza, perché la fretta non viene da Dio.

È quanto ha fatto Maria in tutta la sua vita, lei che è la donna dell’ascolto per eccellenza.

Sì, Maria è il modello. Anche a Cana non comprendeva ancora del tutto il mistero di Dio che le viveva accanto, eppure ha esortato con sicurezza: "fate tutto quello che Egli vi dirà" perché si fidava di Gesù. Quindi l’ascolto è espressione della nostra fiducia verso l’altro.

Nel tuo cuore sentivi la voce di Maria e di Gesù. Come distinguevi tra loro le voci?

Dall’autorità, perché la parola di Gesù in qualche maniera si impone, come una specie di peso. Non voglio dire che sia un comando, ma lascia intendere che è una cosa che conviene fare. È più forte della tua opinione e chiede di essere preservata integra.

Cosa invece contraddistingue Maria?

Maria si pone sempre come la serva, come l’ancella. Qui a Medjugorje ha detto: "Io mi inchino davanti alla vostra libertà". È quello che mi sconvolge, perché Lei ci attrae in una maniera molto diversa da Gesù.

Tu hai sentito anche chiarezza la voce di Satana. Come la definisci?

Dio è libertà e ti dona sempre la possibilità di scegliere. Invece satana ti incatena, non ti offre mai la facoltà di decidere. Ti inganna. Là dove pensi che c’è libertà, magari stai liberamente scegliendo di non essere libero… Come un pesce che liberamente salta fuori dall’acqua e poi muore.

Era una voce minacciosa o suadente?

Più che altro quello che avvertivo era una specie di fretta, quasi un’impellenza a concludere la sua azione prima che tu cambiassi opinione. Sono convinta che questa sia la normale sensazione che le persone hanno del peccato: ci si trova nel peccato senza volerlo e non si sa neanche come ci si è arrivati… Satana sa benissimo che se avessimo più tempo magari riusciremmo a resistergli. Questo spiega anche il motivo per cui le persone faticano a decidersi a fare il bene. Infatti sembra che ci sia sempre tempo per farlo, solo perché Dio ci dona spazi di libertà…

Come si inserisce la preghiera in questa riflessione sull’ascolto?

Innanzitutto vedo l’importanza della Parola di Dio, che in qualche modo deve fare da eco alla nostra preghiera. È inutile stare in silenzio, meditare, se poi la parola che ascoltiamo dentro di noi non è quella giusta. L’unico modo per essere certi che è Dio a parlarci è quando ci nutriamo quotidianamente della Parola di Dio. Bisogna lavorare molto sulle parole interiori. Se non sono quelle giuste, neanche quello che traspare all’esterno potrà corrispondere a ciò che è nell’anima. Ho letto da qualche parte che lo Spirito Santo è come una musica. Noi siamo lo strumento e la Parola di Dio è il modo in cui si accorda lo strumento. Lo Spirito Santo suona con le nostre corde ed esprime la sua melodia. Se lo strumento non è accordato con la Parola di Dio, viene fuori una cosa terribile. Per esempio, quando in noi sono presenti degli scrupoli: questa non è Parola di Dio. Oppure in noi dominano le paure: non è Parola di Dio! Parola di Dio è pace, è gioia, è fiducia. Quante volte noi viviamo come se Dio non ci fosse! Disperati, tristi, preoccupati…

Quanto è importante il digiuno per favorire l’ascolto interiore?

Il digiuno ha senso solo sé e fatto per una finalità di amore. Sperimento oggi l’importanza del digiuno proprio attraverso mio figlio, che non sempre reagisce bene a quello che mangio. Perché mi riferisco a lui? Per dire che per digiunare c’è sempre bisogno che dall’altra parte ci sia una persona. Le rinunce non hanno senso senza l’amore. Questo non significa che non dobbiamo digiunare. Vuol dire solo che dobbiamo amare. Il digiuno ci aiuta a creare lo spazio interiore per predisporci all’ascolto. L’ingresso del paradiso è una porta stretta, e se abbiamo troppi bagagli non possiamo entrare. Se invece sappiamo semplificare la nostra vita lasciando tante cose da parte, possiamo passare senza problemi. È allora che cominceremo ad ascoltarci veramente.