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venerdì 27 marzo 2020

Maria sotto la croce “credette, sperando contro ogni speranza.- Riflessione di Padre Cantalamessa


Non basta stare presso la croce, cioè nella sofferenza, starci anche in silenzio. Questo sembra già da solo una cosa eroica, eppure non è la cosa più importante. Può essere anzi niente. La cosa decisiva è stare presso la croce "di Gesù". Ciò che conta non è la propria croce, ma quella di Cristo. Non è il soffrire, ma il credere e così appropriarsi della sofferenza di Cristo. La prima cosa è la fede. La cosa più grande di Maria sotto la croce fu la sua fede, più grande ancora che la sua sofferenza.

 Maria sul Calvario era unita alla croce di Cristo, era dentro la sua stessa sofferenza. Se Maria “è figura e specchio della Chiesa, sua primizia e modello”, che cosa ha voluto dire alla Chiesa lo Spirito Santo facendo in modo che nelle Sacre Scritture fosse descritta questa sua presenza accanto alla croce di Cristo? Ci dice ciò che deve fare ogni giorno il credente per imitarla: “Stare accanto a Maria presso la croce di Gesù, come ci stette il discepolo che egli amava”.

 

 La fede nella croce di Cristo “ha bisogno di passare attraverso la sofferenza per essere autentica”.

   Maria non è solo la ‘Madre dei dolori’, ma anche la Madre della speranza, ‘Mater spei’, come la invoca la Chiesa in un suo inno.

 Maria è sul Calvario, insieme ad altre donne, ma lei è la Madre. Ha assistito alle torture e alle umiliazioni inflitte al Figlio e alla sua crocifissione e, come aveva fatto Gesù, anche a lei - osserva il predicatore - viene chiesto di perdonare. E prosegue affermando che “se Maria poté essere tentata, come lo fu anche Gesù nel deserto, questo avvenne soprattutto sotto la croce". Una tentazione profondissima perchè lei credeva che Gesù era il Figlio di Dio, eppure sotto la croce vede che Gesù non reagisce per liberarsi. E allora anche lei tace:e così facendo è divenuta, in modo tutto speciale, martire della fede, testimone suprema della fiducia in Dio, dietro il Figlio.

 Bisogna distinguere tra lo stare "accanto alla croce" e lo stare accanto alla croce "di Gesù" e che è questa la cosa più importante:

Non basta stare presso la croce, cioè nella sofferenza, starci anche in silenzio. Questo sembra già da solo una cosa eroica, eppure non è la cosa più importante. Può essere anzi niente. La cosa decisiva è stare presso la croce "di Gesù". Ciò che conta non è la propria croce, ma quella di Cristo. Non è il soffrire, ma il credere e così appropriarsi della sofferenza di Cristo. La prima cosa è la fede. La cosa più grande di Maria sotto la croce fu la sua fede, più grande ancora che la sua sofferenza.

Maria spera contro ogni speranza

Come Abramo, anche Maria sotto la croce “credette, sperando contro ogni speranza. Maria ha creduto “che Dio era capace di far risuscitare il suo Figlio anche dai morti” e come lei anche la Chiesa, osserva padre Cantalamessa, vive la risurrezione nella speranza. 
Come Maria fu presso il Figlio crocifisso, così la Chiesa è chiamata a stare presso i crocifissi di oggi: i poveri, i sofferenti, gli umiliati e gli offesi. Starci con speranza. Non basta compatire le loro pene o anche cercare di alleviarle. È troppo poco. Questo possono farlo tutti, anche chi non conosce la risurrezione. La Chiesa deve dare speranza, proclamando che la sofferenza non è assurda, ma ha un senso, perché ci sarà una risurrezione da morte. La Chiesa deve ‘dare ragione della speranza che è in lei’.

Senza la speranza si ferma tutto

La speranza è essenziale come l’ossigeno per la vita di ogni persona e anche per la Chiesa, tuttavia, osserva il predicatore “la speranza è stata per molto tempo, ed è tutt'ora, tra le virtù teologali, la sorella minore, la parente povera”. E cita al riguardo un’immagine del poeta Charles Péguy in cui fede, speranza e carità sono come tre sorelle, due grandi e una ancora piccola. Camminano tenendosi per mano, la bambina, che è la Speranza, è al centro. Tutti pensano che siano le due grandi a trascinare la bambina. Si sbagliano, dice il poeta: "è la bambina Speranza che trascina le due sorelle, perché se si ferma la speranza si ferma tutto".
“Dobbiamo - come suggerisce lo stesso poeta - diventare « complici della bambina speranza ». Hai sperato ardentemen­te una cosa, un intervento di Dio, e non è successo niente? Sei tornato a sperare di nuovo la volta successiva, e ancora niente? Tutto è andato avanti come prima, nonostante tante suppliche, tante lacrime, e forse anche tanti segni che questa volta saresti stato esaudito? Tu continua a sperare, spera ancora un'altra vol­ta, spera sempre, fino alla fine. Diventa complice della speranza!”.

Sperare è scoprire che c'è ancora qualcosa da fare 

Diventare complici della speranza, prosegue padre Cantalamessa, significa “permettere a Dio di deluderti, di ingannarti quaggiù tutte le volte che vuole”, permettendoti così “di fare un atto di speranza in più e ogni volta più difficile". La speranza però, avverte padre Cantalamessa, non è solo un atteggiamento interiore, è anche “scoprire che c'è ancora qualcosa che si può fare”.
Quand'anche non ci fosse nulla più da fare da parte nostra per cambiare una certa situazione difficile, resterebbe pur sempre un grande compito da assolvere, tale da tenerci abbastanza impegnati e tenere lontana la disperazione: quello di sopportare con pazienza fino alla fine. Questo fu il grande ‘compito’ che Maria portò a compimento, sperando, sotto la croce, e in questo ella è pronta ora ad aiutare anche noi.

Il sussulto di speranza del profeta Geremia

La Bibbia presenta diversi esempi di ”sussulti di speranza” che cambiano le situazioni più tragiche. Un esempio è l’esperienza del profeta Geremia che conosce la più profonda desolazione ma, dice il padre Cantalamessa, “dal momento che il profeta decide di tornare a sperare, il tono cambia: la lamentazione si trasforma in fiduciosa attesa dell’intervento di Dio”. E conclude invitando a guardare ancora a Maria, Madre della speranza, con l’antico inno:
“Salve , o Madre di misericordia, Madre di Dio e Madre di perdono, Madre di Speranza e Madre di grazia, Madre ricolma di santa allegrezza, o Maria!”.

Padre Cantalamessa

 Adriana Masotti - Città del Vaticano

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