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domenica 15 maggio 2022

"Vorrei essere buono perché si possa dire: Se tale è il servo, come sarà il Maestro?" - Charles de Foucauld

 



Preghiera d'abbandono di Charles de Foucauld



Padre mio,

mi abbandono a te,

fa’ di me quello che vuoi.

Qualsiasi cosa Tu faccia di me

io ti ringrazio.


Sono pronto a tutto, accetto tutto.

Purché si compia la tua volontà in me,

in tutte le tue creature.

Non desidero altro, mio Dio.


Rimetto la mia anima nelle tue mani,

la do a Te, mio Dio,

con tutto l'amore che ho nel cuore,

perché ti amo,

e perché ho bisogno di amore,

di far dono di me

di rimettermi nelle tue mani senza misura,

con infinita fiducia,

perché Tu sei mio Padre.
 
 
Charles de Foucauld il sacerdote francese "ha voluto imitare Cristo, ha voluto riprodurre nella propria esistenza le virtù di Gesù”
 
 
Il "Fratello Universale" all'Onore degli altari
Questa domenica viene canonizzato fratel Charles De Foucauld, una delle figure spirituali più affascinanti del Novecento. Che ha molto da dirci anche oggi a proposito di preghiera e di condivisione


Oggi, domenica 15 maggio, tra i nuovi santi proclamati da papa Francesco ci sarà anche fratel Charles de Foucauld (1858- 1916), una figura gigantesca e affascinante di testimone di Gesù e del suo Vangelo. Era stato beatificato il 13 novembre 2005. A una comunità di Piccoli fratelli di Gesù e a una di Piccole sorelle, che sono l’eredità “vivente” lasciata dal «fratello universale», sono dedicati due servizi di questo numero (da pag. 16 in avanti). Rampollo di una nobile famiglia francese, Charles intraprese la carriera militare, prima di una conversione che lo portò a Nazaret per vivere nel silenzio della preghiera e nel nascondimento.

Una volta ordinato sacerdote, visse poi lunghi anni tra i tuareg in Algeria, testimoniando la sua fede in un contesto totalmente musulmano, dedito alla preghiera, al lavoro manuale e condividendo la vita semplice dei tuareg. La sua figura, di grande ricchezza spirituale, citata da papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti (n. 286) come «persona di profonda fede, la quale, a partire dalla sua intensa esperienza di Dio, ha compiuto un cammino di trasformazione fino a sentirsi fratello di tutti», si presta a diversi spunti di riflessione. Innanzitutto il valore della vita “interiore”, del silenzio, della preghiera ispirata all’abbandono fiducioso in Gesù (sua è la famosa preghiera «Padre mio, mi abbandono a te», musicato anche dai Gen rosso anni fa). In un mondo frenetico e spesso superficiale, sono tanti oggi a cercare oasi di silenzio per ritrovare sé stessi e un rapporto nuovo con Dio, con gli altri, con il creato.

Non è un caso se nascono tante iniziative cristiane di questo tipo, come la Rete del silenzio o il recente Seminario, promosso dalla Cei, intitolato La dimensione contemplativa della vita. La meditazione nella tradizione buddhista, cristiana e induista. La tradizione cristiana è ricchissima di figure che hanno abitato creativamente il silenzio, abbeverandosi alle nude parole del Vangelo.

E in una cultura che ci spinge a un attivismo frenetico che tutto divora, è importante trovare spazi e tempi per alimentare le sorgenti interiori. «Il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà», diceva il teologo Karl Rahner. Altro spunto di attualità molto forte è lo stile di vita di fratel Charles, ispirato al Vangelo, un modo di stare al mondo caratterizzato da mitezza, umiltà, condivisione, vicinanza, fraternità, in una parola testimonianza di vita, che ricorda tanto il detto di sant’Ignazio di Antiochia (I secolo): «È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo». A un cristianesimo sempre tentato dalla “forza dei muscoli” e dall’eccesso di parole, fratel Charles ci ricorda la forza evangelizzatrice che ha in sé una vita autenticamente cristiana, di carità, di condivisione senza pretese di contraccambio. È significativo anche che non abbia potuto vedere la nascita delle congregazioni che desiderava fondare. Evangelicamente, ha vissuto nella sua luminosa esistenza il destino pasquale del chicco che, «se non muore, non dà frutto». Ci insegna così la “nuda fede” di chi non guarda al successo o ai risultati, ma in tutto sa affidarsi a Dio.

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