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mercoledì 28 agosto 2019

La differenza che c'è tra essere "devoti" ed essere "credenti"


Se i devoti si riconoscono da gesti esterni di religiosità, i credenti si riconoscono dalla loro vita

Mai come oggi bisognerebbe ridare valore alle parole. Si confonde il bene con il benessere, la bontà con il buonismo, il vero dall’apparente. Una distinzione da fare, in campo spirituale, che non di rado manca di chiarezza è quella tra i devoti ed i credenti. Esistono milioni di devoti che, per il solo fatto di essere tali, presumono di essere credenti. I devoti li si riconosce da una serie di gesti non verbali, frutto di tradizioni popolari, dietro i quali vi sono radici autenticamente evangeliche. Le devozioni hanno mantenuto, in molti luoghi, la radice cristiana ma quando, per taluni, smarriscono la radice evangelica, non c’è più il credente ma solo una persona religiosa.
La devozione ha vari volti, quanti possono essere i modi di percepire una fede. In tante devozioni si proiettano paure ed angosce, cercandovi in esse certezze interiori che liberino da responsabilità personali. In tante devozioni si cerca lo spirituale per sentirsi elevati dagli altri, tanto da giudicare tutti e tutto. Tanti devoti hanno veleno sulla lingua, violenza nei gesti e parole di lode nelle preghiere. I devoti fanno le preghiere, i credenti vivono la preghiera nel loro spirito. I credenti vivono un incontro personale nella preghiera, attraverso il quale si riscoprono piccoli, dinanzi all’infinito, profondamente limitati di fronte all’eterno. I credenti non giudicano perché sanno che il giudizio appartiene all’Altissimo, non si sentono migliori, perché coscienti di appartenere ad una fraternità universale.



Se i devoti si riconoscono da gesti esterni di religiosità, i credenti si riconoscono dalla loro vita. I credenti non hanno bisogno di gesti di religiosità o parole, a parlare è la loro vita. I devoti si fanno sapienti di cose religiose, i credenti portano la sapienza della religione con una vita scolpita d’amore. I devoti fanno soffrire anche usando il linguaggio della religione, i credenti offrono in sacrificio la loro vita generando consolazione. Se i devoti giudicano, i credenti usano misericordia. I credenti condannano il male, ma sanno guardare negli erranti i segni delle loro stesse fragilità. I devoti guardano il passato e il male, i credenti vivono di speranza, facendo memoria di ciò che è stato. Il devoto parla di peccato, il credente di perdono. Il devoto soffoca la fiducia in sé stessi mentre il credente sa portare un nuovo respiro. Il devoto è sicuro, chiuso in sé stesso mentre il credente è solidale, costruendo la solidità uscendo dalle sue sicurezze.
Il devoto è bigotto mentre il credente è aperto. Il devoto va dietro al “si è sempre fatto”, il credente si rinnova alla luce dei segni dei tempi. Sana cosa è la devozione, ma senza discernimento si scade nel devozionismo. Per alcuni i devoti conta più una pratica popolare che la domenica, il giorno del Signore. Per il credente si deve essere pronti a morire per testimoniare il giorno della resurrezione. Il devoto crede di avere dei meriti, il credente sa che la salvezza è esclusivamente dono. Non esistono devoti e credenti nettamente separati, ma possono esserci devoti sostanzialmente atei, nel senso di essere dei praticoni religiosi senza Dio. La devozione è sostegno alla fede autentica, mai sostituzione. Bisogna diventare dunque devoti al Vangelo.
Tutto ciò che è antievangelico non è pura devozione ma inganno, è strumento a servizio dell’uomo contro l’umanità. Il credente è schierato con l’uomo. La negazione del vangelo, attraverso le devozioni, è negazione stessa della fede e tradimento della radice evangelica a cui la devozione dovrebbe fare riferimento. Chi giudica non crede. Chi odia non crede. Chi si sente migliore non crede. Se alcuni vivono la devozione per rendere Dio a propria immagine e somiglianza, il credente sa che l’uomo è chiamato a realizzare con la propria somiglianza l’immagine che Dio ha impresso nel suo spirito. Saremo giudicati sull’amore perché Dio è Amore. Potrebbe mai esistere dunque autentica devozione senza amore? Il credente, se veramente tale, ama.

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