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martedì 11 settembre 2018

Medjugorje: HOSER, NELLA FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE — OMELIA

OMELIA DI S.E. MONS. HENRYK HOSER, VISITATORE APOSTOLICO PER LA PARROCCHIA DI MEDJUGORJE NELLA FESTA DELL’ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE — MEDJUGORJE,

 9 SETTEMBRE 2018
 
Vostra Eccellenza Nunzio Apostolico in Bosnia Erzegovina,
Vostra Eccellenza Vescovo del Paraguay,
Cari sacerdoti e religiosi,
Cari parrocchiani e pellegrini,
Cari fratelli e sorelle.
 
Il giorno dopo la festa della Natività della Beata Vergine Maria, ci siamo radunati nella Ventitreesima Domenica del Tempo Ordinario per celebrare l’Esaltazione della Santa Croce alcuni giorni prima della sua festa.
Come la Croce, strumento della morte più cruenta e vergognosa, è divenuta il simbolo del cristianesimo? Quella Croce svetta sui campanili di chiese e santuari, è innalzata sulla cima di moltissimi monti, è appesa alle pareti delle nostre case e dei luoghi di lavoro, e noi la portiamo al collo con fierezza. 
Al tempo degli Apostoli, la Croce aveva una fama molto negativa: era stoltezza per i Greci, che cercavano la sapienza umana, era scandalosa per i Giudei ed una pazzia per i popoli pagani, come dice san Paolo (1 Cor 1, 22-23). Notiamo che oggi si sta nuovamente conducendo una lotta contro la Croce, che comincia a dar fastidio, pur essendo divenuta nobile segno di molte iniziative mondiali, come la Croce Rossa, e pur ornando varie onorificenze, come la croce d’onore, la croce al merito ecc…. .
La Festa dell’Esaltazione della Santa Croce ci dà una nuova opportunità per ricordare la grandezza ed il valore della Croce. Scopriamo così che la Croce di Gesù — quale segno d’infinito amore — possiede un’irresistibile forza d’attrazione. Vediamo perché.
Nella Prima Lettura (Fil 2, 6-11), san Paolo ci mostra come Cristo si è umiliato, “svuotato”, come è disceso dalle altezze più sublimi alle profondità più abissali: “Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Umiliò se stesso…”. Il Dio fattosi uomo ha umiliato se stesso. L’infinito è divenuto finito e limitato. Inoltre, egli si è fatto “Obbediente fino alla morte, e alla morte di croce”. La morte di un criminale che tutti dileggiano e rigettano!
Nel Credo Apostolico confessiamo che “discese agli inferi”, ovvero fino al fondo della sofferenza, fino al fondo dell’umiliazione, fino al fondo della morte. Il Dio fatto uomo ha sperimentato il destino preparatogli da quegli stessi uomini che era venuto a salvare! “Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è Signore, a gloria di Dio Padre”. Così san Paolo spiega l’esaltazione di Cristo, quest’opera incomparabile del Padre Misericordioso.
San Cipriano ci aiuta a comprendere questa pazzia divina. Egli dice, infatti, che il Figlio di Dio volle divenire figlio dell’uomo, perché noi diventassimo figli di Dio. Volle umiliarsi per rialzare il suo popolo caduto. Patì le piaghe a lui inferte per risanare le nostre ferite. Divenne servo affinché noi — servi e schiavi — potessimo diventare liberi. Ha patito anche la morte perché, per mezzo della sua morte, i mortali divenissero immortali. 
Ora comprendiamo bene perché ogni venerdì qui veneriamo la Santa Croce di Gesù. La Venerazione della Croce dovrebbe essere anzitutto un atto di gratitudine e di lode, un atto di ringraziamento e di consolazione. Perché preghiamo la Via Crucis salendo il Križevac, sulla cui vetta si trova quella celebrata Croce, che con la sua mole domina sull’intera regione fin da quando è stata edificata, cioè nell’Anno Santo della Redenzione del 1933? Nella profondità della sua indescrivibile ed immensa sofferenza, Gesù non ha pensato a sé, ma sempre a noi peccatori. Innalzato sulla Croce, ha pronunciato le parole che salvano il mondo. La più sconvolgente è la prima: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno!” (Lc 23, 34). La risposta all’enormità del peccato dell’uccisione di Dio, e a quella cecità estrema, è il perdono di un Dio rifiutato e calpestato.
Charles Journet ha scritto che, per mezzo del perdono divino, “nei cuori in cui il peccato aveva falciato le rose del primo amore e la loro purezza e freschezza, ora fioriscono le scure rose — altrettanto belle o, a volte, più belle ancora — del secondo amore e del pentimento, delle lacrime e del fervore». Quale speranza per noi peccatori!
Dalla croce vengono anche le penetranti parole: “Ecco tua Madre!” (Gv 19, 27). Morendo, Gesù non ci lascia orfani. Ci lascia sua Madre: quale amore e generosità!
La croce è divenuta un simbolo di vittoria, della vittoria confermata dalla Risurrezione. Da quel momento sovente la Liturgia mostra il Cristo Risorto con la Croce, con la Croce gloriosa sullo sfondo. Qui a Medjugorje il Cristo Risorto, che i fedeli così tanto venerano, contiene anche il mistero della Croce, che è fonte della nostra salvezza e promessa di una vita degna di Dio. Amen.

 

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