Stefano Jurgens: Ho incontrato Gesù era alla mia destra e mi ha sorriso
Stefano Jurgens è conosciuto nella Televisione italiana come autore di molti programmi di successo come: Domenica In, Buona Domenica, Tira e Molla ed attualmente Avanti Un Altro. È anche un bravo paroliere e ha collaborato con i grandi della musica italiana: Celentano, Morandi e molti altri. In una recente intervista radiofonica, l'autore ha raccontato che in un momento di profonda crisi della sua vita, aveva deciso di farla finita, ed è proprio in quel momento che trovandosi da solo in una spiaggia deserta ha scritto con un ramoscello di ulivo il nome Gesù.
Dice: "Ho visto Gesù, stava alla mia destra era realmente accanto a me (mi sembrava di essere ubriaco, eppure non avevo bevuto).
Mi guardava dolcemente. Quel Gesù che ho visto io, è un bel ragazzo con i capelli lunghi". Stefano, oggi frequenta il gruppo del Rinnovamento Carismatico Cattolico. Nel 2011 è stato vittima di un virus che l'ha reso sofferente per diversi mesi e anche in quel caso, vive un esperienza straordinaria: lo stato di premorte. Stefano afferma: "Ho visto due personaggi quasi fumettistici che tutte le sere mi venivano a trovare in ospedale. Quando mi svegliai dal coma, uno dei due mi fece cenno col pollice..."
Stefano Jurgens è autore di tre libri: Nel cognome del Padre, Un angelo in T-shirt e Champagne in paradiso. Nella recente intervista radiofonica, l'autore afferma di non provare vergogna a condividere questa sua esperienza di fede con i suoi colleghi del mondo dello spettacolo "non m'importa cosa possano pensare a me interessa condividere la mia fede con gli altri.
Il mio compito di certo non è convertire le persone a quello ci pensa Gesù Cristo". Cosa dobbiamo aspettarci da questa nuova edizione di Avanti Un Altro? "Intanto tanto divertimento, in primis noi vogliamo divertirci e fare divertire chi ci guarda da casa. Oggi, accendendo la televisione e leggendo i giornali ci rendiamo conto della sfilza di notizie negative che ci sommergono. Allora cercheremo, di divertire il pubblico e di fare trascorrere delle ore liete davanti la tv."
Stefano Jurgens e la fede prima della conversione.
Io
 ero come tutti i ragazzi: ho fatto la prima comunione, ho servito tre 
volte la messa e poi basta, mi sono dimenticato di Gesù, non ci ho mai 
più pensato. L’unica volta che ci ho pensato avevo 13 anni. A me piaceva
 disegnare, piace ancora disegnare. Disegnavo a china e mi è caduto su 
un foglio di carta bianco un vasetto di china nera e stranamente ha 
disegnato quello che a me sembrava un profilo di Gesù, gli ho disegnato 
una corona di spine intorno alla testa ed è venuto fuori Cristo. A parte
 questa parentesi artistica non ho mai più pensato a Gesù. Ero troppo 
preso, come tutti, a correre dietro al lavoro, ai soldi, a pagare il 
mutuo, le tasse, a cambiare la macchina, a guardare le donne, le 
ragazze, ma soprattutto a lavorare, lavorare, lavorare…
Poi cosa è avvenuto e quando è avvenuto?
È
 avvenuto attorno all’età di 40 anni quando Corrado Mantoni, con cui ho 
lavorato per vent’anni come autore, m’ha detto “Stefano, io mi fermo per
 due anni”, io gli ho risposto “Bene. E io che faccio, Corrà?” e lui “Tu
 sei libero di fare quello che vuoi”. Poiché a quei tempi c’era un 
rispetto assoluto per personaggi come Corrado, nessuno mi ha chiamato a 
lavorare perché pensavano di fare un torto a lui e io mi sono trovato 
per due anni fermo senza lavoro con la famiglia, i ragazzini da 
crescere, i debiti che hanno tutti quanti, ed ero disperato perché non 
avevo padre, non avevo madre, i miei fratelli sono più piccoli. Non 
sapevo a chi chiedere aiuto. E in quel momento di disperazione e di 
angoscia, su una spiaggia di San Felice Circeo, ho preso un ramoscello 
da un arbusto che stava lì per terra e d’istinto ho scritto il nome di 
Gesù sulla sabbia. Gesù è apparso alla mia destra e io naturalmente: 
“Oddio che mi è successo”, mi sono autosuggestionato, non bevo 
superalcolici, non mi drogo, non fumo. Mi sono detto “Adesso passerà”: 
sono ormai 18 anni che questa figura di Gesù non è  mai più passata. 
Adesso non è più alla mia destra ma il suo viso sta di fronte a me. 
Spesso quando sono concentrato non lo vedo, ma quando sono così, con 
aria distratta, appare davanti a me ed è bellissimo vedere il mondo con 
gli occhi di Gesù.
La
 mia vita è cambiata totalmente nel senso che tutto quello che era 
prioritario prima è andato all’ultimo posto, e tutti i valori della 
carità, della misericordia, della pace, della pazienza, nel limite 
dell’umano - perché sempre umano sono - sono venuti in primo piano. 
Prego tutti i giorni, prego anche di notte e da quel giorno anche quando
 mi addormento sento che lo spirito continua a pregare. Ho scritto i 
miei libri per evangelizzare tramite la mia testimonianza; vado in 
televisione a testimoniare Gesù vivo e gioioso; ho messo su una 
televisione che parla di spiritualità e di Gesù (www.gioiatv.com - ndr).
 Ho smesso di fare l’autore per gli artisti della televisione, perché 
dovevo creare soltanto per Gesù. La mia vita è ormai incen trata su Gesù
 Cristo che sta davanti a me, dentro di me, fuori di me; la mia casa è 
piena di Gesù, sembra un’esagerazione, sembra un santuario. Gesù è 
sempre dentro di me, Gesù è la mia speranza, è la mia vita e cerco di 
trasmetterlo agli altri.
Accennava
 a “Gioiatv”. Quanto è difficile fare oggi comunicazione a tutti i 
livelli, dalla tv ai giornali, a internet, dovendo restare comunque 
legati ai valori del Vangelo.
Devo
 dire la verità: È meno difficile di quanto si pensi. Bisogna rompere 
quella diffidenza che hanno le persone a parlare di Gesù. Il problema è 
che ci si vergogna a parlare di Gesù ma se tu gli dai il là, è fatta. Le
 faccio un esempio, io porto un braccialettino con una croce e quando mi
 chiedono “perché lo porti?”, da lì mi viene il discorso e allora loro 
si liberano, si aprono. E quindi se sei il primo a parlare di Gesù, ti 
tiri dietro molta gente perché molta gente ha bisogno di credere. Se io 
fossi un prete, forse non sarei creduto come sono creduto adesso, da 
laico, perché magari il prete me lo dice perché fa il suo “mestiere”. Io
 vengo dagli show italiani e da tutto quello che c’è dietro, e quindi 
può sembrare curioso che improvvisamente mi sia messo a parlare di Gesù.
 Ma il messaggio è talmente forte, la spinta è talmente forte, che non 
ho potuto fare altrimenti. E forse mi sentirà che sono abbastanza 
concitato, passionale, perché sono contento di parlare di Gesù.
Si
 stava parlando della possibilità di vivere secondo i valori del Vangelo
 all’interno di un mondo patinato come è quello della comunicazione oggi
 anche in Italia.
E
 forse è anche per quello che mi sono distaccato da questo tipo di 
televisione. Non mi ci riconosco più. Ovviamente è cambiato anche il 
gusto in me, non mi riconosco più nei programmi che si fanno adesso, che
 siano Rai, che siano Mediaset, che siano altre cose. Né i reality, né 
gli show, né le cose urlate. Non me ne importa più niente.
 Come hanno accolto questa novità le persone della sua famiglia, le persone che la conoscono, il suo ambiente di lavoro?
Nell’ambiente
 di lavoro nessuno mi ha mai detto niente, forse si vergognano. Fanno le
 battute “Quello è diventato prete”, ma non è così. Se non hai un 
incontro personale con il Signore è difficile capire. La mia famiglia 
ormai lo vive da 18 anni con naturalezza perché facciamo incontri di 
preghiera, di intercessione, di lode.
I suoi amici artisti della televisione, invece?
I
 miei amici artisti non li vedo più. Ma non li definirei amici per la 
verità, li definirei artisti conoscenti e basta. Per esempio, sto 
aspettando di fare un’intervista con Bonolis, con cui ho parlato qualche
 giorno fa e ha detto “Tu sai che io, però, non credo”. Lui fa la parte 
di quello che non crede, ne abbiamo parlato tante volte.
Si capisce da come parla che tiene molto ad andare in televisione e raccontare la sua esperienza. È vero?
Si,
 è vero. Ma se non lo facciamo noi che abbiamo avuto questa piccola 
missione da parte del Signore - o almeno pensiamo di averla avuta - chi 
lo farà mai? Io vado volentieri. Ho una certa età per cui non mi 
interessa il giudizio. Non devo convertire nessuno, questo sia chiaro. 
Vado in tv a raccontare, e poi alla conversione ci pensa il Signore 
quando vuole e con chi vuole. Io devo testimoniare assolutamente, perché
 quello che mi è capitato, quello che  mi è successo e che mi succede 
giornalmente mi esplode fuori dal cuore.
Un’ultima domanda riguardo alle sue fatiche editoriali. Partiamo dalla prima. Perché il titolo “Nel cognome del padre”?
L’ho
 voluto chiamare così perché era il mio primo libro e per essere 
sincero, nel cognome di mio padre ho iniziato una carriera. 
Probabilmente se io mi fossi chiamato non Jurgens come mio padre che già
 faceva questo lavoro, ma Rossi, nessuno mi avrebbe offerto le occasioni
 che ho avuto nella vita. Nel libro racconto anche della mia conversione
 e di tanti personaggi della tv che ho incontrato sulla mia strada: da 
Corrado a Celentano, da Morandi a Bonolis...
Mentre il nuovo “Un angelo in T-shirt” di cosa parla?
“Un
 angelo in T-shirt” è un po’ il seguito del primo libro. Mi sono 
arrivate migliaia di mail di gente che voleva ancora sapere. È un altro 
pezzo di storia della mia vita. Ognuno ha un film, la vita di ognuno è 
un film: succedono cose straordinarie, cose assurde, oppure cose buffe e
 se tu le metti insieme riesci a costruire un libro, come ho fatto io. 
Quindi è un altro pezzo della mia vita, un altro pezzo di incontro con 
mia moglie, con i miei figli, con Gesù, con questa ragazza Ombretta che è
 stato l’amore inconcluso. È un raccontare. Metto in piazza i miei 
sentimenti e vedo che la gente li raccoglie e questo mi fa tanto 
piacere.
Nessun commento:
Posta un commento