Medjugorje, un nome che sentivo lontano solo pochi mesi fa, un luogo che diversi amici e parenti hanno visitato e mi hanno raccontato con una gioia nel cuore che non comprendevo.
Ecco, io ora racconto a voi, non con la 
presunzione di convincervi ad andare un giorno, ma con la mia personale 
gioia nel cuore che vorrei condividere con i miei compaesani che 
leggeranno queste semplici righe.
Non vi so spiegare il perché ho deciso 
di andare in quel paese lontano della Bosnia Erzegovina, non per la sua 
fama o per gli effetti “speciali” che tanti raccontano e vedono, non per
 grazie particolari, ma mi sono detto:” io come Cristiano devo andare, 
La Nostra Madre Maria non apparirà per sempre e questa è un’occasione, 
un dono dal cielo che ci viene offerto”.
Anche per me è arrivato quel giorno, il 
30 Aprile, siamo partiti da Brozzo, noi un gruppo di venti fedeli della 
nostra valle, qualcuno era già andato e altri come me affrontavano per 
la prima volta quel viaggio che io vi descriverò tanto solitario, poiché
 personale, quanto fraterno per la condivisone dell’esperienza con i 
fratelli che abbiamo accanto.
Quindici ore di pullman, pesanti, ma 
credetemi essenziali, poiché la ricerca della fede e la sua coltivazione
 è proprio un cammino, a volte un calvario proprio come quello che 
Nostro Signore ha intrapreso e ci ha insegnato.
Il primo giorno ero confuso, vedevo 
intorno a me tante persone, ma che dico tante migliaia che pregavano con
 pregevole intensità e concentrazione, che ho cominciato a non essere 
più sicuro che la mia fede fosse così salda come credevo.
 
Mi sentivo come dentro una campana entro la quale tutti pregavano e con trasporto uniti cantavano inni a Dio.
Io come un bambino ero meravigliato e al tempo stesso scettico, poiché ciò che vivevo intorno a me lo sentivo estraneo.
Ecco, non vi starò a specificare cosa 
troverete a Medjugorje poiché per me è stato importante intraprendere 
questo viaggio partendo da un mio pensiero base: “non mi importa ciò che
 vedrò, ma ciò che sentirò ”, non è il vedere, ma cosa si prova 
nell’intimità del proprio animo, che ha riempito la mia valigia 
personale.
Quindi in preda al mio stordimento di 
fede mi sono detto: “ o resto nella confusione, o ricerco” e la ricerca è
 iniziata da un mio volontario sacrificio, ovvero andare con un gruppo 
di amici alla croce blu (luogo dove appare la Madonna a Mirjana il 
giorno 2 di ogni mese) dalle 3 del mattino ed aspettare il momento tanto
 atteso sino alle 9.
Così ho fatto, ho aspettato sotto la 
pioggia e seduto tra i sassi argillosi del sito quello che per me 
sarebbe stato il momento cruciale che dava il via al mio viaggio di 
ricerca di fede, pregando e cantando insieme a migliaia di fratelli.
Quando Maria regina della pace è apparsa
 alla veggente un silenzio surreale ha fatto da cornice alla scena, 
pareva che il tempo si fosse fermato, e la natura attorno, dagli alberi,
 ai molti sassi rossi che lambivano il terreno sul quale i nostri piedi 
poggiavano, il vento, un gruppo di rondini che volteggiavano sopra la 
croce, persino la pioggia era cessata e noi presenti, tutti stavamo in 
contemplazione di quei pochi minuti che credetemi ti scaldano il cuore e
 un grido di gioia e riconoscenza è tenuto in gola, ma se potesse 
verrebbe innalzato al cielo.
Solo l’applauso finale ci riporta tra i 
sassi che ci circondano, tra i pianti strozzati di qualcuno, tra i 
nostri pensieri e i nostri dolori personali spezzando quel filo tra 
cielo e terra.
Tornando poi verso l’albergo resta quel 
calore nell’animo, segno di un dono che non è facile comprendere, ma se 
provato ti senti carico come mai prima di allora.
Il giorno successivo, domenica 3 maggio,
 mi sono alzato alle cinque del mattino e insieme alla mia famiglia e ad
 alcuni amici del gruppo con don Davide siamo andati sul monte Krizevac 
(520 metri sul livello del mare) e abbiamo intrapreso la salita facendo 
la via crucis.
Vorrei concludere il racconto di questo 
pellegrinaggio con la mia personale salita al monte, una camminata non 
impegnativa per coloro che sono abituati ad andare in montagna, ma che 
richiede uno sforzo meditativo, essenziale per la preghiera, e ciò che 
mi ha colpito ancora una volta sono stati i grandi massi che il 
pellegrino deve superare durante il percorso, che se fatto con la giusta
 concentrazione può farti vivere la passione di Cristo senza sentire la 
fatica.
La gioia nel cuore ti spinge fin sopra 
la sommità del colle, sulla quale si erge imponente una croce bianca, 
dove il contatto tra cielo e terra viene ristabilito.
La stanchezza, i pensieri, le ansie personali non le ho provate e come me anche gli altri fedeli me lo hanno confermato.
Il dolore, le nostre croci personali, 
com’è successo a Nostro Signore le possiamo vedere, sappiamo che ci 
sono, così come ho visto bambini malati la cui sofferenza non potevi non
 notare, ma che era sminuita da sorrisi disarmanti; infatti se tutte 
queste croci dalle più piccole alle più grandi vengono portate con la 
fede dentro i nostri cuori ecco che il dolore non lo sentiamo, non lo 
proviamo, poiché la gioia dell’amore di Dio per noi, ci spinge a salire 
sino a lui.
Questo è il dono che ho ricevuto e 
voglio condividerlo con voi, non per vanto, ma per testimoniare la 
bellezza dell’amore di Gesù che si dona ad ognuno di noi ogni giorno, in
 ogni persona che incontriamo, in ogni situazione che viviamo e ognuno 
di noi singolarmente ha la grazia di sperimentarne il dono anche e 
soprattutto a Medjugorje dove la nostra Mamma Maria è presente e ci 
ricorda che solo vivendo quella palestra di fede a stretto contatto con 
Dio, affrontata con sacrificio e devozione può farci tornare alle nostre
 case e alle nostre abitudini quotidiane sereni e grati, come è successo
 a me con la promessa di essere tenace e costante nel coltivare la mia 
nuova fede e con la gioia nel cuore che mai avevo provato.
Ora mi sento amato, noi tutti siamo amati, nessuno escluso.
Fonte:http://www.parrocchiamarcheno.it/j3/parrocchia/bollettino-parrocchiale/articoli-bollettino/238-pellegrinaggio-a-medjugorje 
 
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