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giovedì 25 giugno 2015

Gesù dice di guardarsi dagli ‘pseudoprofeti’: ‘Dai loro frutti li conoscerete’.

Il Papa: no ai pastori che parlano troppo e ascoltano poco

La gente sa quando un pastore ha quella coerenza che gli dà autorità. E’ uno dei passaggi dell’omelia di Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, tutta incentrata sulla distinzione tra i veri predicatori del Vangelo e gli “pseudoprofeti”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Il popolo segue stupito Gesù perché Lui insegna come uno che ha autorità e non come gli scribi. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia muovendo dal passo del Vangelo odierno e subito ha osservato che la gente percepisce, sa “quando un sacerdote, un vescovo, un catechista, un cristiano ha quella coerenza che gli dà autorità”. Gesù, ha detto, “ammonisce i suoi discepoli” a guardarsi “dai falsi profeti”. E poi spiega come discernere “dove sono i veri profeti e dove sono gli pesudoprofeti”, “dove sono i veri predicatori del Vangelo e dove sono quelli che predicano un Vangelo che non è Vangelo”.
Parlare, fare, ascoltare
Ci sono tre parole chiave per capire questo, ha ripreso il Papa: “Parlare, fare, e ascoltare”. Innanzitutto, ha avvertito riprendendo il monito di Gesù, “Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel Regno dei Cieli”:
“Questi parlano, fanno, ma gli manca un altro atteggiamento, che è proprio la base, che è proprio il fondamento del parlare, del fare: gli manca l’ascoltare. Perciò continua Gesù: ‘Chi ascolta queste mie parole e le mette in pratica’: il binomio parlare-fare non è sufficiente… ci inganna, tante volte ci inganna. E Gesù cambia e dice: il binomio è l’altro, ascoltare e fare, mettere in pratica: ‘Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia’”.
Guardarsi dagli “pseudoprofeti”
Invece, ha proseguito, “quello che ascolta le parole ma non le fa sue, le lascia passare, cioè non ascolta sul serio e non le mette in pratica, sarà come quello che edifica la sua casa sulla sabbia”. E, ha detto, “sappiamo il risultato”:
“Quando Gesù ammonisce la gente dal guardarsi dagli ‘pseudoprofeti’, dice: ‘Dai loro frutti li conoscerete’. E qui, dal loro atteggiamento: tante parole, parlano, fanno prodigi, fanno cose grandi ma non hanno il cuore aperto per ascoltare la Parola di Dio, hanno paura del silenzio della parola di Dio e questi sono gli ‘pesudocristiani’, gli ‘pseudopastori’. E’ vero, fanno cose buone, è vero, ma gli manca la roccia”.
I pastori mondani parlano troppo e ascoltano poco
Gli manca, ha specificato, “la roccia dell’amore di Dio, la roccia della Parola di Dio”. E senza questa roccia, ha avvertito, “non possono profetizzare, non possono costruire: fanno finta, perché alla fine tutto crolla”. “Sono – ha detto Francesco – gli ‘pseudopastori’, i pastori mondani, i pastori o i cristiani anche che parlano troppo, hanno paura del silenzio, fanno forse troppo. Ma non sono capaci di fare dall’ascolto, fanno da quello che parlano, fanno dal proprio, non da Dio”:
“Ricordiamo queste tre parole, sono un segno: fare, ascoltare, parlare. Uno che parla e fa, solamente, non è un vero profeta, non è un vero cristiano, e alla fine crollerà tutto: non è sulla roccia dell’amore di Dio non è saldo come la roccia. Uno che sa ascoltare e dall’ascolto fa, con la forza della parola di un altro, non della propria, quello rimane saldo. Benché sia una persona umile, che non sembra importante, ma quanti di questi grandi ci sono nella Chiesa! Quanti vescovi grandi, quanti sacerdoti grandi, quanti fedeli grandi che sanno ascoltare e dall’ascolto fanno!”
Un esempio dei nostri giorni, ha detto il Papa, è Madre Teresa di Calcutta che “non parlava, e nel silenzio ha saputo ascoltare” e “ha fatto tanto! Non è crollata né lei né la sua opera”. “I grandi – ha soggiunto – sanno ascoltare e dall’ascolto fanno perché la loro fiducia e la loro forza è sulla roccia dell’amore di Gesù Cristo”. “La debolezza di Gesù che da forte si è fatto debole per farci noi forti – ha concluso – ci accompagni in questa celebrazione e ci insegni ad ascoltare e a fare dall’ascolto, non dalle nostre parole”.

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