mercoledì 14 ottobre 2020

La collina di Medjugorie è stata il porto che l’ha accolta nelle tempeste - Testimonianza di Manuela Binco

 


Abbiamo incontrato Manuela Binco, ballerina e insegnante di danza. Una vita normale, fatta di amori, figli, dolori, prove, fallimenti. E di fede, debole e tiepida fino a un certo punto, fiammante e calda poi. Manuela ci racconta come la collina di Medjugorie è stata il porto che l’ha accolta nelle tempeste e dove la sua barchetta si riparava e fortificava per tornare a navigare.
 

A Medjugorje si verificano tanti miracoli, molti sono di guarigioni e finiscono sulle pagine dei giornali. Poi ci sono quelli che avvengono nel silenzioso intimo del cuore, sono le conversioni, fenomeni che non fanno notizia, ma che sono i più importanti e sicuramente quelli più numerosi. Di storie di conversioni del cuore, ne abbiamo raccontate diverse, a queste vogliamo aggiungere quella di Manuela Binco; ho conosciuto la sua storia che mi ha profondamente colpito.
Manuela è una donna sensibile e forte allo stesso tempo, fa la ballerina e dirige una scuola di danza; un lavoro che ama e che le assorbe molto del suo tempo. Entrando nella sua scuola, è in bella mostra la grande statua della Regina della Pace di Medjugorje, una nota che potremmo definire anomala, in quell’ambiente di lavoro, di arte, di ballo. Non isolata o nascosta, ma in vista, con tutt’intorno i sassi del Podbrdo, il monte delle apparizioni. Poi a fianco, una grande fotografia della chiesa di San Giacomo, la parrocchia della cittadina bosniaca. Nell’ingresso della scuola, c’è un gran caos: è l’ora del cambio turno. Bambini con il costume da danza, che vanno e vengono e fanno un gran vociare; ma soprattutto il tono alto e acuto delle mamme, che cercano di sovrastare quel frastuono, mentre chiamano i loro figli. Non è un ambiente adatto, per fare una chiacchierata con Manuela, ci rifugiamo in una piccola stanza, dove inizia il nostro colloquio.

- Manuela ho letto la tua testimonianza, che è stata pubblicata due anni fa da una rivista, che tratta temi della Sanità pubblica. Una testimonianza di Fede, nella quale raccontavi della tua rinuncia all’aborto terapeutico, ma ho saputo che tutto è iniziato a Medjugorje. Di questo volevo parlare, della tua esperienza in quella remota cittadina bosniaca e della tua conversione.

Nell’agosto del 2010 mi sono recata per la prima volta a Medjugorje, senza sapere cosa avrei trovato in quel posto. Il mio unico intento era quello di andare a ringraziare Maria, per un piccolo finanziamento attraverso il quale, grazie a Lei, ho potuto ristrutturare la sede di questa scuola di danza, che dirigo e che a Lei ho consacrato. Non pensavo, però, che quel viaggio mi avrebbe completamente cambiata. L’intera famiglia è tornata frastornata dalla Bosnia. Non eravamo più quelli di prima. Il nostro mondo ha subito una rivoluzione. Gesù, Maria e la Chiesa hanno occupato i primi posti nella nostra scala di priorità. Io e il mio compagno Simone, avevamo scoperto di vivere quotidianamente nel peccato, i due figli grandi di 14 anni e i due piccoli di 6 e 8 anni hanno vissuto momenti intensi e profondi di comunione e preghiera.

- Da quello che mi dici e che ho letto, non è non eri credente, diciamo avevi una Fede tiepida, eri quella che comunemente si definisce una credente non praticante; un termine che a me non piace, ma che forse, rende l’idea. Padre Amorth dice che anche il demonio è credente ma non praticante! Un paragone che non ti si addice, quindi usiamo il credente tiepido, è meglio. Cos’è successo dopo quel pellegrinaggio?

Sì diciamo ero una credente tiepida. Dopo il pellegrinaggio, abbiamo cominciato a frequentare la Santa Messa domenicale e spesso, anche quella mattutina. Abbiamo cercato un padre spirituale con cui intraprendere un nuovo percorso di vita; ci siamo uniti ad altre famiglie per formare un cenacolo di preghiera con al centro il Rosario e la lettura della Bibbia. Abbiamo iniziato un nuovo cammino di Fede, ci siamo impegnati, non senza difficoltà, a rispettare uno o due giorni di digiuno chiesti dalla Gospa. Ma soprattutto una cosa importante è successa: convivevo con il mio compagno, non eravamo sposati, perché entrambi avevamo un matrimonio fallito alla spalle. Io mi ero sposata in comune, ma Simone si era sposato in chiesa, così abbiamo iniziato il percorso di richiesta di annullamento del suo precedente matrimonio. A Medjugorje, durante la confessione ho scoperto, che io non potevo essere considerata, ancora “sua moglie” agli occhi di Dio.

-Insomma, avete risposto con il vostro sì, alla chiamata di Maria e di Gesù. Avete voluto fare la Loro volontà con la famiglia, renderla una vera famiglia cristiana.

Da quel momento il Signore ci ha messo “in centrifuga”, come spesso dico nelle mie testimonianze, ci ha permesso soprattutto di capire il senso della Croce, delle prove, delle sofferenze. Ci ha insegnato che il dolore non è fine a se stesso, non è qualcosa che ti viene dato perché tu stia male e lo subisca. No, il dolore e la sofferenza vanno offerti, vanno accettati e affrontati con gioia, considerati come delle grazie. Noi non sappiamo quale disegno, Lui ha su di noi, ma se quella è la Sua Volontà, sia fatta. Nella certezza che questa volontà è ciò che di meglio sta preparando per noi.

- Mi hai precedentemente raccontato che hai affrontato diverse prove, dalla malattia e la morte di tuo padre, dal calvario dell’annullamento del matrimonio di Simone, che poi lo ha ottenuto, dopo lunghissimi mesi, anzi anni. Fino alla croce della tua gravidanza, raccontaci di questo.

Nel febbraio del 2012, ho scoperto di essere in attesa della nostra quinta figlia. L’eccitazione dei primi mesi ha lasciato il posto dopo qualche settimana a quella che, a prima vista, si presentava come una tragedia, una disgrazia, la famosa croce, appunto. Una delle grandi prove della vita.
Tutto è cominciato il 2 maggio del 2012, durante l’ecografia morfologica. All’inizio è stata una doccia fredda. Nella stanza tutto all’improvviso è diventato gelido. Sotto di me il vuoto, come se uno squarcio enorme si fosse aperto per inghiottirmi. Fissavo il volto preoccupato del medico e cercavo di scorgere ogni movimento, ogni minima espressione dalla quale capire cosa stesse accadendo. Fino a quel punto dell’ecografia tutto andava bene, tutto era nella norma. Tutto, fino a quando si arrivò al cuore, quel piccolo cuore che correva all’impazzata, che batteva forte, con tutta la forza della vita, ma che non avrebbe retto a lungo. La sentenza non si fece attendere a lungo e fin da subito il problema si delineò gravissimo. E così quella che doveva essere una lieta giornata, si trasformò in una specie di brutto sogno: trisomia 18, abbinata ad una delle più gravi malformazioni cardiache. Il responso finale per la nostra piccola fu violento: incompatibilità con la vita. Unica soluzione che mi hanno prospettato, era l’aborto terapeutico.

- Ho parlato e raccolto diverse testimonianze di madri alle quali viene proposto l’aborto terapeutico, nel caso di presenza di feti con malattie e sindromi importanti. Nelle loro storie ho sempre intravisto, nel dolore, momenti di buio, di smarrimento, momenti nei quali non si sa cosa decidere. Raccontami come hai affrontata questa tua croce, anzi questa vostra croce. Quali erano i tuoi pensieri.

È una cosa indescrivibile, mille domande, mille paure, mille angosce, non è facile affrontare una situazione così. La cosa che più mi preoccupava erano i miei figli, le loro reazioni, le loro domande, loro che con tanta gioia aspettavano quella sorella.

[Manuela è visibilmente emozionata, parla con una voce strozzata dal dolore e dai ricordi. Parla, con un filo di voce]

Mi chiedevo con che forza avrei potuto affrontare la gravidanza, con che forza avrei potuto affrontare la morte certa di mia figlia. Con che forza, se la mia bambina fosse morta in utero, avrei potuto affrontare le doglie del parto e far nascere una cre- atura già morta. E poi, con che forza avrei potuto spiegare questo ai miei bambini. Avrei potuto evitare tutto questo con un piccolo e semplice intervento di routine. In fin dei conti ero appena alla 12^ settimana. Avrei potuto, ma non l’ho fatto, perché il Signore compie prodigi, il Signore fa cose grandi e a quel nostro Signore io e Simone ci siamo stretti.

- Ci sono momenti, mi hanno raccontato le persone che hanno vissuto in situazioni come la tua, il futuro che si prospetta, appare loro con violenza all’improvviso, gettando le madri in attesa in una specie di vuoto. Il vuoto creato dal dubbio di quale strada seguire.

Purtroppo sì, ho avuto dubbi, molto spesso. E oggi mi sento stupida ad aver dubitato, ad aver avuto paura anche per un solo istante. Un pomeriggio, tormentata da mille domande, chiesi ad un’amica cosa avrebbe fatto lei se fosse stata nei miei panni. La risposta arrivò in un istante, senza esitazioni, a bruciapelo: “Se fosse mia figlia, non ci penserei un solo istante a portare avanti la gravidanza” , in quell’istante mi si è squarciato il cuore e mi sono sentita piccola e stupida. Nel profondo del mio cuore non ho mai pensato di interrompere la gravidanza, di uccidere mia figlia. Ma in momenti simili ti senti come in una centrifuga, sballottata, nei meandri più bui dove il nemico ci prova in tutti i modi a farti sentire debole, incapace, depressa. Avevo bisogno di una spinta forte, ferma e decisa e il Signore me l’ha mandata. In quel momento, ho sentito nel profondo del mio cuore che il Signore mi avrebbe dato tutta la forza necessaria, la forza di affrontare la gravidanza e quella di veder andare via la mia bambina dopo un anno, un mese, un giorno ... dopo il tempo stabilito da Dio. Si la mia gravidanza continuava.

- Quindi, hai deciso di portare avanti la gravidanza. Non succede mai nulla per caso, il Signore ti aveva messo quella tua amica e la sua risposta, al tuo cospetto, per farti prendere una decisione ferma. Poi dopo cosa è successo?

Decidemmo di affrontare un giorno alla volta, un’ora alla volta, minuto dopo minuto. Tutto quello che accadde dopo non fu un’avventura facile, ma fu sicuramente un meraviglioso progetto d’amore che il Signore aveva e continua ad avere oggi su di noi. Rimanevo confusa, non sapevo cosa sperare. Ogni settimana mi sottoponevo a controlli per vedere se la vita dentro di me stesse continuando, quella vita non dava il minimo accenno di volersi fermare. I medici mi dissero che nel 95% dei casi la gravidanza si interrompeva da sola. Però passavano i giorni ma la mia bimba era sempre con me, la sentivo muoversi vivace, arzilla, piena di vita, Un’energia esplosiva la sua, della quale,la stessa ginecologa fu stupita, e mi diceva:”Un’energia atipica per bambini come questi”.

- Molte mamme sperano, chiedono, supplicano un miracolo, si appellano all’ultima speranza, che tutto muti e che avvenga un fatto eccezionale.

Ho pregato spesso, ma non ho mai chiesto un miracolo. Mi sono affidata completamente, un po’ alla volta. Dentro di me ho sempre detto “Padre sia fatta la tua volontà”. Dentro di me ho sempre pensato che ci fosse un disegno preciso e che Gesù ci avrebbe preso per mano e accompagnato, che si sarebbe occupato di noi. Avevo alti e bassi, gioie e dolori e talvolta, purtroppo, momenti di panico e abbandono che mi attanagliavano la gola. Non era facile. Tuttavia, nel profondo, mi sentivo serena e attorno a noi c’erano persone che non ci lasciavano mai. Gesù non mi lasciava mai.

- Quindi la gravidanza, nonostante tutto continuava, man mano che si avvicinava il termine, come ti sentivi?

[Manuela è visibilmente commossa nel ricostruire quei giorni. Scorgo nel suo volto, un espressione di dolore, ma anche un accenno di sorriso nel ricordo della sua bambina]

Mi sembra come se fosse oggi, erano le 8.30 del 22 agosto 2012. Vado di corsa all’ospedale, le acque si stavano rompendo, subito vengo visitata. La bambina che fino ad allora era pronta per nascere si presentava, all’ultimo momento, in posizione podalica, così i medici decisero di aspettare. È piccolissima e senza speranze di vita. Ma le cose si complicarono all’improvviso, si era verificato un distacco della placenta con conseguente emorragia. Mi ritrovai in sala operatoria. Il taglio cesareo è d’obbligo, erano tutti attorno a me che correvano, parlavano concitatamente, davano ordini rapidi. Ho pensato che sarei morta e che avrei lasciato i miei figli. In quel momento ho provato una paura molto forte e piangevo, sentivo che le forze mi stavano abbandonando. Allora ancora una volta mi sono affidata, a voce alta, ho pregato la nostra Mamma Celeste e Gesù di stare lì, vicino a me, vicino a noi. Li ho pregati che non mi lasciassero affrontare da sola quel momento tragico. Maria Teresa, il nostro angelo, è nata dopo poco. L’ho vista subito e l’ho baciata sulla fronte. Era minuscola, ferma, gli occhi chiusi. Il suo piccolo cuore ha continuato a battere qualche minuto, qualche secondo, qualche istante. Il tempo di battezzarla. Intontita dall’anestesia, dalla stanchezza, dalla paura, con Simone mi sono ritirata con la nostra piccola qualche ora, le uniche ore. L’abbiamo abbracciata, stretta, baciata, approfittando di ogni istante, cercando di memorizzare ogni particolare. Mi sono ritrovata in quel letto d’ospedale con un taglio nella pancia, tanto dolore e nulla da stringere tra le braccia, allora ho rivisto in un attimo quegli otto mesi, ho avuto tanto tempo per pensare. Allora ho visto ... All’improvviso mi sono voltata indietro e ho visto tutto chiaramente, mi domandavo:“Come ho fatto? Come ho potuto? Con che forza?”. Mi stupivo della leggerezza con cui Gesù mi aveva permesso di portare quel peso. Ma il Signore fa miracoli. Ho pianto molto e la mattina del funerale ho pregato intensamente. Ho chiamato Gesù, ho chiamato Maria e ancora una volta ho chiesto di non lasciarmi sola, ma di stare sempre con me.

- Se sei riuscita a sopportare e portare questa Croce è sicuramente perche la tua fede tiepida si era rinsaldata e fortificata con quel tuo primo pellegrinaggio a Medjugorje. Ci sei tornata dopo la morte di Maria Teresa?

Il mio primo pellegrinaggio è stato fondamentale, per ravvivare la mia Fede e la Fede della mia famiglia. Senza quella Fede rafforzata a Medjugorje, non avrei mai po- tuto portare quella croce. Sono tornata li, esattamente 2 mesi dopo il parto, là ho pensato di pregare per tante cose, ma non mi era possibile. Ogni volta la mia mente si trovava a ringraziare e a lodare il Padre, per il dono meraviglioso che è stato ed è Maria Teresa. La lezione, l’insegnamento, l’esperienza vissuta, tutto è stato singolare; la vita è un dono straordinario, la vita è un miracolo. Non c’è niente di più bello di un figlio che il Signore ci affida, che il Signore ci regala, anche solo per un istante, perché quello che succede dopo è volontà di Dio. Io ringrazio il Signore che ci ha illuminati, che ci ha aperto il cuore, che ci ha scelti per questo grande dono, lo ringrazio di aver scelto Maria Teresa, così piccola, indifesa e fragile, ma anche così straordinariamente forte e combattiva. Maria Teresa ci ha insegnato e continua ad insegnarci tanto. Mio figlio un giorno mi ha chiesto:“Mamma, Maria Teresa ha fatto dei peccati?”. “Ma no, amore, certo che no, lei è nata ed è morta subito”. “Allora, mamma, io ho una sorella Santa”..... “Si tesoro hai una sorella Santa in cielo accanto a Gesù”. Maria Teresa prega per noi. Grazie Mamma Celeste, grazie Gesù.
Non ho chiesto altro a Manuela. Era veramente commossa, non triste, nel ricordo di quei momenti, ma commossa. Mentre parlava, ringraziando Gesù e Maria, un sorriso le illuminava lo sguardo. I miracoli veri sono questi.

Fonte: La Croce Quotidiano - Dicembre 2015

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