martedì 20 agosto 2019

"Se andiamo a Medjugorje per chiedergli i fuochi artificiali, la colpa non è certo della Madonna" - Testimonianza di Costanza Miriano


di Costanza Miriano
La mia esperienza è stata questa. Nella mia parrocchia di Santa Lucia a Perugia venne alla fine degli anni ’80 Vicka, una delle veggenti, che era stata per il mio parroco ispirazione per una conversione nella conversione (cioè, era già un bravo sacerdote, ma le apparizioni mariane per lui hanno segnato l’inizio di una rinascita spirituale). Insieme a lei venne Suor Elvira di Saluzzo, che ha salvato dalla droga con la comunità Cenacolo non so quante decine di migliaia di ragazzi di tutto il mondo. Queste due donne mi convinsero del tutto. Una, Vicka, mi sembrava sana di mente, equilibrata, semplice, normale, umile. L’ho vista, a pochi metri da me, piegare le ginocchia, batterle a terra senza mostrare nessun dolore, e cominciare a parlare con la Madonna (o con il nulla, per chi non ci crede, nel qual caso però avrebbe diritto al premio Oscar, o a un ricovero). L’altra, suor Elvira, mi ha convinta con l’esempio della sua vita feconda, per nulla mistica, e per le parole che ha detto, a noi ragazze della parrocchia. Sono state le parole che hanno cambiato la vita di molte di noi negli anni a seguire, sulla vocazione della donna e sulla maternità biologica o spirituale. Suor Elvira è molto legata a Medjugorje, eppure è una donna concretissima, con i piedi per terra, e con un forte senso di appartenenza alla Chiesa. E con un sensus fidei fortissimo. Una volta andai a trovarla in una delle sue tante comunità, ad Acilia, in provincia di Roma (vivevo ancora a Perugia, quindi presi il treno apposta, ero una ragazzina; un’altra volta arrivai fino a Cuneo solo per ascoltarla parlare, tanto mi aveva colpita), e in quei giorni la Madonna era passata dal chiedere un giorno a settimana di digiuno a pane e acqua, a chiederne due. Suor Elvira non disse, come pensai io, “come riuscirei mai a farcela?”, ma esclamò: “chissà quali grazie ci vuole dare Dio con questa cosa che ci offre!”. Perché è evidente che non è Dio ma noi ad avere bisogno dei nostri digiuni, che sono invece lo spazio del nostro incontro con lui.
Ecco, io da Medjugorje ho ricevuto solo questo: inviti continui alla preghiera, al digiuno, all’approfondimento della Parola di Dio (la grande novità del Concilio), alla messa più frequente di quella solo festiva, alla confessione mensile. I cinque sassi contro il nemico. Cioè le armi della vita spirituale che la Chiesa ci consegna da sempre. O meglio, che dovrebbe consegnarci, e che forse in alcuni casi ha smesso di fare, o che non fa più con tanta energia. Medjugorje è il dito che indica Dio, perché Maria fa sempre così, ci porta a Dio, non certo a se stessa. Non è certo lei ad alimentare la mariolatria. Né tanto meno la curiosità morbosa sui segreti – i veggenti si rifiutano sempre di parlarne, dicono che non bisogna pensarci, ma dedicarsi solo alla propria conversione, alla trasformazione del cuore che poi potrà, dovrà diventare carità concreta (una volta una veggente ammonì dolcemente i pellegrini perché facevano a gara a sedersi, invece che a cedersi i posti a vicenda). Non è certo, infine, la Madonna ad alimentare le divisioni nella Chiesa, perché ripete che non bisogna parlare male dei sacerdoti (tanto meno del Papa!) ma pregare per loro.
Ecco, io a Medjugorje ho ricevuto solo cose buone. Una catechesi sulla vita spirituale seria, il contrario della curiosità morbosa e della emotività a buon mercato. Certo, anche io ho visto gente fuori di testa che continuava a vedere o sperare di vedere segni – la generazione stolta e perversa di cui parla il Vangelo – ho visto gente pazza che cercava di tagliare pezzi dei vestiti dei veggenti, e provo tenerezza per questo infantilismo spirituale, che comunque esprime un bisogno e una fragilità che a volte riconosco anche in me, e che non mi fa rabbia, ma che certo va corretto da chi ha il compito di farlo, come il Papa.
Per questo una volta sono tornata a Medjugorje in autostop – all’età di mio figlio, e se ci penso mi sento morire per i pericoli corsi, sono salita sul pulmino di un signore sconosciuto, a diciassette anni! – dopo esserci andata la prima volta grazie al benefattore che offrì un viaggio gratis a me e a tutti i ragazzi del gruppo di preghiera. Per questo ci sono tornata in seguito, e anche una volta con marito e figli (piuttosto scettici e riluttanti, sia all’andata che al ritorno, a onor del vero).
Io da Medjugorje ho ricevuto quello che in molti altri luoghi non ho sentito ricordarmi con tanta insistenza: la possibilità di pregare sempre, la possibilità di un cammino di fede seria, la custodia della Parola… Non tutti i miei amici sono arrivati a questa consapevolezza da quella strada. Diversi sono indifferenti alle apparizioni in terra croata. Alcuni scettici. Non importa. Altri invece sono più legati a Lourdes, a Fatima, a La Salette. Comunque le apparizioni non sono dogma di fede. Devo dire però che non ci sono in giro, nelle chiese, nelle parrocchie, nei movimenti, tantissimi cuori ardenti di amore, infiammati dalla preghiera, appassionati di eterno. E se delle apparizioni – come anche i movimenti e altri cammini – aiutano ad alleviare l’enorme, epocale crisi di fede, ben vengano. Se invece non erano veritiere, bene, ci terremo attaccati ai frutti che hanno dato, senza vacillare.
Però a me non sembra affatto strano che una mamma ripeta da anni le stesse cose. Sono diciotto anni, da quando sono mamma, che lo faccio anche io. Mi annoio da sola, ad ascoltarmi. Eppure le ripeto perché i figli continuano a fare gli stessi errori, incuranti di quello che dico. Quante volte ho chiesto che raccogliessero calzini? Decine di migliaia. Quante altre volte lo chiederò? Finché non lo faranno. Ma se ci sono figli più bravi, che non hanno bisogno che la mamma ripeta così tante volte le stesse raccomandazioni, bene, sono contenta per loro (e un po’ invidiosa delle loro mamme). C’è chi non ha bisogno di sentire le raccomandazioni della Gospa!
Aspetto quindi con serenità il pronunciamento ufficiale, pronta a rispettarlo, ma decisa a rimanere fedele alla grande ricchezza che quella esperienza – quale che sarà il giudizio su di essa – mi ha regalato, perché la ricchezza di Medjugorje è intravedere il cammino che ci porta a una relazione vera, viva, con Dio, e non fare i guardoni alla ricerca di emozioni, sorprese, segreti, rivelazioni.
Personalmente non ho alcun dubbio sulle apparizioni della Madonna, assolutamente nessun dubbio, e anche se il fatto che siano in corso da oltre trenta anni è sicuramente una novità nella storia dell’uomo, io credo che i tempi siano tali da giustificare un evento tanto straordinario. Non che l’uomo si comporti peggio del solito, no, ma oltre a fare il male come ha sempre fatto, la cosa inedita è che oggi lo chiama bene. Conquista, diritto, progresso, emancipazione. Allora, che la mamma celeste venga a ricordarci certe cose fino a sfondarci le orecchie a me, che sono una mamma modello martello pneumatico, pare assolutamente normale.
Detto questo, mi consegno in docile attesa a quello che dirà la Chiesa, e mi rimetto fin da ora al suo pronunciamento, perché chi garantisce la fede è solo il Papa. Per il momento mi basta ricordare che Medjugorje comunque non sarà mai un dogma di fede, ma solo, se mai, un richiamo della madre celeste a tutto quello che ci è stato già annunciato.
I messaggi di Medjugorje sono tanti, ma si possono condensare nei “cinque sassi” che la Madonna consegna a noi, piccoli Davide, per battere Golia, il nostro peccato: lettura della parola di Dio, preghiera, eucaristia, digiuno a pane e acqua, confessione. Niente che non sappiamo, ma, dobbiamo ammetterlo, cose che non sempre ci ricordiamo.
Su ogni altare su cui viene celebrata una messa avviene sotto i nostri occhi molto più di un’apparizione: Dio diventa pane e si lascia mangiare da noi. Lo mangiamo anche per avere le forze che ci servono a fare il nostro pezzetto di strada, una strada di cui, se vogliamo avere i fiori, il panorama, la soddisfazione e la bellezza, non possiamo evitarci la fatica, la salita, i sassi sporgenti e il caldo o il freddo. Insomma, la croce, che misteriosamente, è l’unica cosa che ci fa vivere, e vivere bene, felici già da adesso.
Non so se la cosa riguardi anche altre persone, me di sicuro sì, ma a volte riconosco chiarissima in me la tentazione di cercare la soluzione miracolosa, qualcosa che tolga di mezzo la croce, che a volte è semplicemente la fatica e la noia di quella normalità, di quella mediocrità, anche, che sola ci salva. A volte sogniamo che quella fatica ci venga in qualche modo tolta, e lo chiediamo a Dio, senza renderci conto che quello che ci dà più fastidio in realtà sta lavorando prima di tutto per noi, per guarirci e farci funzionare meglio, e quindi alla fine per renderci felici.
Se a volte ci accostiamo a Dio per chiedergli i fuochi artificiali, le emozioni e le sensazioni, e andiamo in luoghi come Medjugorje con lo stesso intento, la colpa non è certo della Madonna, che nei messaggi dice sempre di non parlare delle apparizioni, ma di diventare con i fatti una testimonianza convincente, concreta e silenziosa.
Io personalmente le ho promesso che cercherò di diventare convincente e concreta, ma sul silenzio non mi sento di sbilanciarmi. Siamo onesti.

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