giovedì 29 luglio 2021

4° DOMANDA: INTERVISTATA AL VEGGENTE DI MEDUGORJE JAKOV COLO- di Virgilio Baroni

 


Virgilio Baroni

HO INTERVISTATO JAKOV COLO
In occasione del 40simo delle apparizioni della Regina della Pace a Medjugorje, ho effettuato un'intervista a Jakov Colo, il più giovane veggente di Medjugorje, pubblicata sulla rivista dell'Associazione Mir i Dobro “AIUTIAMOLI”. Sono 5 domande: una al giorno. Oggi, pubblico la quarta.
QUARTA DOMANDA:
La Gospa nel suo messaggio del 25 settembre 2004 ha detto: “Vi invito anche oggi ad essere Amore dove c’è odio, cibo dove c’è fame. Aprite i vostri cuori figlioli e che le vostre mani siano tese e generose, perché ogni creatura possa ringraziare Dio Creatore”.
Ora, sappiamo che, dopo aver collaborato in Parrocchia a Medjugorje per aiutare i più poveri, lei ha fondato l'Associazione "Marijine Ruke" (Le Mani di Maria). Quanto hanno inciso su questa sua decisione i messaggi della Madonna e anche, forse, l'esempio delle tante Associazioni Italiane come Mir i Dobro che hanno cercato di portare aiuti soprattutto in tempo di guerra e anche oggi dopo il terremoto?
RISPONDE JAKOV:
Si, questo è un bellissimo messaggio della Regina della Pace da mettere in pratica. Voglio parlarvi di cosa faccio in collaborazione con la Parrocchia. Io rappresento l’Associazione, ma solo sulla carta: la vera responsabile è la Parrocchia.
Come sono arrivato a fare tutto questo? Tante volte succede che dover portare le Croci ti dà anche il tempo per pensare. Ho passato un periodo molto difficile della mia vita. In quel tempo ho potuto riflettere tantissimo. In cuor mio pensavo: “questa mia Croce servirà a qualcosa”. Ho sempre saputo che dopo ogni Croce c’è la Resurrezione. Quando è passato questo tempo, per me faticoso, mi sono chiesto: “Cosa posso fare per aiutare gli altri?”.
Pensavo che per noi veggenti che abbiamo avuto la grande grazia dal Signore fosse più facile parlare, dare testimonianza di ciò che abbiamo visto e sentito.
Quando si parla si dicono tante cose belle che fanno sicuramente bene a chi ascolta; ho capito che bisognava fare anche qualcosa di più anche se non sapevo che cosa. Così sono andato a parlare con il nostro Parroco, Padre Marinko e ho chiesto cosa potevo fare per la Parrocchia. Veramente io pensavo a tante cose che mi sarebbero piaciute e mi sono aperto con il Parroco.
Lui mi ha chiesto qualche giorno per riflettere. Dopo breve tempo mi ha chiamato e mi ha portato in una casetta piccola, ex sala dei frati; apre la porta: la camera era vuota e mi dice: “Jakov questo è il tuo ufficio”. Non vedevo nulla se non una sedia di plastica. Sono rimasto scioccato e poi gli ho chiesto: “Cosa devo fare qui?” e lui risponde: “Questo sarà l’ufficio per le persone bisognose”.
Ecco, in quel momento ho capito che quella era la risposta alle mie domande; ho capito a che cosa era servita quella Croce pesante che avevo portato e che in questo momento il Signore mi stava dando una nuova grazia. Prima ho parlato, ho testimoniato, ho dato esempio con la vita anche se parecchie volte non sono stato un buon modello e ho fatto i miei errori come ogni persona; ora il Signore mi stava dando una nuova occasione. Ho aiutato il prossimo con la parola, ora ho l’occasione di farlo con le opere: aiutare i nostri fratelli che hanno bisogno. Così abbiamo aperto questo ufficio e nel 2016 siamo diventati legalmente un’Associazione. Abbiamo fatto tutti i documenti, ma mancava il nome. Ho telefonato a Padre Marinko e lui subito mi ha risposto: Marijine Ruke (le Mani di Maria). Quando ho sentito queste parole ho pensato: “Mamma mia che bello!”.
Quante volte la Madonna ha teso le sue mani. In ogni momento ci invita con le sue mani di andare verso Gesù. Sono felice di questa occasione. Quando ho cominciato ad andare a trovare le famiglie bisognose è stato un po’ difficile, però sul posto ho capito che non avevano solo bisogno di cose materiali, ma che avevano ancor più bisogno di sentire il nostro amore per loro. Devono sentirsi amate, non abbandonate; accettate e che non sono diverse da noi. Purtroppo, nella vita non hanno avuto quello che noi abbiamo avuto; ho capito che aiutare il prossimo aiuta anche noi stessi. Molte volte capita di provare come un senso di colpa: “forse potevo fare di più e non l’ho fatto”. Anche con il Signore quante volte non ho ringraziato: potevo farlo ma non l’ho fatto.
Seguo costantemente una bella famiglia che tutti i giorni vado a trovare portando loro quel poco che basta per mangiare e per non saltare il pasto. Purtroppo, ci sono tante famiglie che non hanno di che sfamarsi. Piano, piano, sono aumentate le persone che vengono nel nostro ufficio a chiedere aiuto anche da altri paesi, perché in Medjugorje non sono tante le famiglie bisognose, ma nei dintorni sono molte. Posso dire che ci occupano di 600 famiglie a cui diamo cibo, vestiti, mobili (abbiamo un magazzino dove teniamo il materiale che raccogliamo). Paghiamo anche i medicinale a chi non può permetterselo e anche la retta a qualche povero in case di riposo. Cerchiamo il più possibile di farle vivere meglio, in modo dignitoso
Nel gestire queste opere di carità si conoscono tantissime persone anche bellissime. Posso raccontarvi un esempio: quando ho iniziato questa attività ho conosciuto una famiglie che viveva vicino a dove si butta la spazzatura. La mamma era malata di mente, il marito c’era e non c’era. Con loro c’era un angioletto un bimbo che aveva 1 anno e 7 mesi. Quando l’ho visto tutto sporco con i capelli lunghi, con due occhioni che soltanto vedendoli parlavano e sembrava che mi dicessero: “prendimi”. Nel mio cuore ho detto al Signore: “Mi hai dato un altro figlio” e l’ho accettato con amore. Non so perché sia successo, ma è stato così. Ho portato la famiglia a casa mia e mia moglie, paziente e generosa, ha preso il bimbo e l’ha messo in vasca e per la prima volta ha fatto un bel bagnetto. Quella sera hanno mangiato cibo caldo e non quello che raccoglievano dalla spazzatura. Poi ci siamo occupati della mamma che purtroppo è morta lo scorso anno. Il bimbo sta con il papà, ma ogni weekend è con la nostra famiglia ed è come se fosse un nostro figlio. L’abbiamo iscritto all’asilo, alla scuola. Posso dire che non ho tre figli, ma quattro e ringrazio il Signore per il dono di questo bambino.

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