martedì 10 dicembre 2019

Miracoli straordinari avvenuti a Loreto - Le storie



Miracolo a Loreto, Gabriella tornata a vedere: «Non me lo merito»

LORETO - La guarigione miracolosa di Gabriella Gardini all'esame dei medici di Loreto. Un «caso straordinario», una guarigione improvvisa di un foro maculare miopico ad un occhio: potrebbe essere questo il primo possibile miracolo avvenuto presso la Santa Casa di Loreto. Il caso è stato presentato ieri sera presso il Santuario stesso e riguarda una donna, Gabriella Gardini, che ha raccontato la sua vicenda in una conferenza stampa.

 

 «La frase che ho detto quanto ho ricevuto questo immenso regalo - ha affermato la donna - è stata "non sono degna". Sono una mamma di una figlia autistica, una nonna, una moglie, quattro anni fa mi è stato diagnosticato un foro maculare miopico di quattro millimetri. Il 14 settembre 2010 c'era la processione con la Madonna Nera di Loreto - ha proseguito -, io quando l'ho vista in chiesa ho iniziato a piangere senza sapere perchè, sono andata all'altare, ho toccato la Madonna e ho passato le mani sui miei occhi, poi sono andata a casa».



«Dopo un mese - ha quindi riferito la signora Gabriella - sono andata dall'oculista e quando mi ha visitata ha detto: qui abbiamo sbagliato occhio, il foro non c'è più». Il caso, è stato spiegato, viene ritenuto straordinario poichè non sono stati registrati a livello mondiale altri casi di chiusura spontanea di un foro maculare miopico e così l'evento viene considerato inspiegabile per le particolari caratteristiche dell'occhio affetto dalla miopia degenerativa.



Ora il caso è al vaglio dell'Osservatorio medico Ottaviano Paleani. «Il caso - ha commentato mons. Giovanni Tonucci, vescovo di Loreto - ci aiuta a credere sempre di più nel cammino intrapreso con questo Osservatorio. Chi ha del miracolo una visione spettacolare e superficiale si attendeva magari grida

istantanee di prodigio ma il nostro è un percorso serio che prevede un doppio esame di tutte le questioni sottoposte».


  Un uomo che non credeva e che viveva nell’errore. 

Cecilia Zeppa, nel giugno del 1960, era ormai paralizzata. Una nevralgia del trigemino destro, devastante, sempre più invasiva, l’aveva quasi ridotta a un vegetale. Aveva appena 34 anni e i medici non le avevano dato scampo. Le era rimasta la fede. Chiese all’Unitalsi di accompagnarla alla basilica della Santa Casa di Loreto. «Sono stata guarita dalla Madonna» racconta oggi a 90 anni.
La sorprendente guarigione dell’anziana, originaria di Matelica nel Maceratese, mamma di tre figli e vedova da qualche anno, avvenne il 18 giugno. E fa gridare ora al miracolo. All’epoca suscitò grande interesse, ma solo oggi avrà la possibilità di essere studiata dai medici dell’osservatorio Paleani. Il caso, infatti, rientra tra quelli presi in esame perché si presenta correlato da ampia documentazione medica. L’osservatorio, istituito nel 2012 su volere dell’arcivescovo delegato pontificio monsignor Giovanni Tonucci, è un centro analogo al bureau medical di Lourdes che, scrupolosamente, certifica come inspiegabili le guarigioni che non hanno trovato risposta nella medicina.
ZEPPA, ieri, assieme ai parenti, è tornata a Loreto, ripresa anche dalle telecamere della trasmissione di Rete 4 ‘I viaggi del cuore’. «La mia guarigione – ribadisce la donna – è avvenuta a tramite la conversione di un peccatore. Sono stata guarita dalla Madonna per merito del pentimento di un ferroviere il quale, durante il viaggio in treno, mi aveva espresso parole di scetticismo. Quando arrivammo a Loreto, però, decise di confessarsi, proprio mentre ero lì vicino a lui».
LE CARTE mediche dell’epoca raccontano di un penoso epilogo nell’inverno 1959, quando il primario dell’ospedale di Matelica, Aser Sestili, decise di far trasferire la paziente all’ospedale di Camerino, dove pure «le riacutizzazioni del dolore furono di una violenza mai esistita in precedenza» e nemmeno la morfina pura aveva più effetto calmante. Ricoverata nel febbraio 1960 all’ospedale di Macerata, il primario chirurgo Benigno Baroni riscontrò che il «male è ribelle a ogni cura», nonostante alcune iniezioni intranervose a base di alcol». Dimessa dopo 15 giorni, la donna continuò a sopportare atroci dolori che di fatto la immobilizzavano.
L’ULTIMO desiderio fu partecipare al viaggio a Loreto con l’Unitalsi. «Sul treno bianco – racconta Zeppa – c’era quel ferroviere non certamente fervente nella fede, che viveva nell’errore, e che casualmente prese la decisione di prendere le pretelle da barelliere e servire con l’Unitalsi: casualmente gli capitai io. Quando giunsi nel santuario, ormai ero in fin di vita, non muovevo più né mani, né piedi. Fu allora che sentii dei crampi nella testa, come delle scosse elettriche e in quel momento sono guarita. Mi sono sentita bene e avrei voluto, gioire, gridare, ma ero basita – prosegue –. Fu in quel momento che mi passò davanti il ferroviere miscredente che mi chiamò e mi disse di aver visto il prodigio della Vergine, di essere corso da un frate a confessare tutti i suoi peccati e di essere tornato per dirle di annunciare a tutti quanto accaduto. Ecco, io sono guarita grazie al pentimento di quell’uomo».

Paralisi agli arti inferiori Nel 1936 Sala Adolfa di anni 30, di Como, fu colpita da dolori alla colonna vertebrale e da paralisi agli arti inferiori e fu costretta a stare a letto di continuo. La paresi si estese agli arti superiori e ai muscoli del collo che la resero incapace di compiere i vari movimenti del capo e del tronco. I medici di Como e di Milano utilizzarono tutte le risorse terapeutiche possibili senza ottenere risultati apprezzabili. Adolfa ripose la sua speranza di guarigione nell’intervento della Mamma Celeste e la sua fede la portò nel 1937 in pellegrinaggio a Lourdes senza alcun risultato. Nel Settembre 1939 Adolfa va in pellegrinaggio a Loreto, con gli ammalati della Lombardia. Alla messa del mattino celebrata nel santuario, l’inferma avverte una sensazione di intenso calore che si sprigiona prima dalle gambe e poi risale in tutto il corpo regalandole la calma e un benessere generale. Ogni sofferenza era scomparsa ed allora spinta da una forza interiore si alza dalla barella e seduta sul lettino fa la Comunione. Il medico del pellegrinaggio constata l’effettiva guarigione: Sala Adolfa era stata liberata da tutti i suoi mali e la guarigione fu duratura.
Guarigione da tubercolosi vertebrale Giacomina Cassani di Bardi nel 1930, all’età di 16 anni, incominciò ad accusare dolori alla colonna vertebrale. Dagli esami clinici risultò la presenza di un tumore molle-elastico sulla coscia sinistra. Fu immediatamente ricoverata in una clinica di Parma e successivamente trasferita all’Ospedale Maggiore per curare l’ascesso ossifluente con continuo pus; le venne anche applicato un busto ortopedico, tuttavia senza alcun risultato. Giacomina il 9 settembre 1939 in concomitanza al pellegrinaggio dell’Emilia va a Loreto e partecipa a tutte le celebrazioni in carrozzella. Al terzo giorno è con tutti gli altri ammalati davanti alla Basilica ma al passaggio del SS. Sacramento accusa dolori lancinanti alla colonna vertebrale. Terminata la funzione religiosa, comincia a sentirsi più sollevata tanto da provare un senso di benessere generale ed ha l’impressione di essere completamente guarita. Quando si ritira nella sua stanza, sente il forte desiderio di togliersi il busto ma l’infermiera non glielo permette. Al ritorno appena arrivata a Parma va alla Casa di cura e lì senza alcuna ombra di dubbio accertano la sua reale guarigione, che si rivela duratura nel tempo. 

Poliartrite deformante cronica Giuseppina Comaschi in Rossi, di Mantova, iniziò a 40 anni a soffrire di dolori articolari diffusi che la costrinsero a letto, ad anemie di tipo pernicioso e a poliartrite cronica primitiva. Nell’agosto del 1939 il suo medico dottor Sandri, rilasciava un certificato nel quale descriveva la situazione dell’ammalata: era in atto un deperimento grave con masse muscolari ipotoniche, una anemia accentuata, con dolori articolari diffusi specialmente alle braccia e alle mani. L’ammalata era del tutto inferma, non si reggeva in piedi e non poteva camminare. In Giuseppina scaturì un grande desiderio di visitare la Madonna di Loreto e il pellegrinaggio si concretizzo nel mese di settembre del 1939. Così racconta Giuseppina di quella esperienza: « al mattino fui portata nel Santuario per la Messa. Dopo la Comunione mi sentii male, ma male assai: credetti di morire. Stavo per chiamare aiuto, quando mi sentii avvolta tutto il corpo da un calore straordinario, che mi donò poi un benessere mai provato. In quell’istante sentii tutta la forza di alzarmi e di camminare. Venni poi portata nella Casetta ove il “Verbo si fece carne”; provai come un’estasi dolcissima. Non dissi nulla di quello che mi era avvenuto. Nel pomeriggio, durante la benedizione eucaristica, la grazia fu completata. Tutta la notte successiva dormii profondamente. Al mattino feci tutto da me. La mia guarigione era ormai nota a tutti: anzi la folla di pellegrini mi circondò e mi portò in trionfo. I medici di Loreto dichiararono concordi la mia piena guarigione. Il ritorno fu ugualmente trionfale».

Frattura della volta cranica Il 23 Ottobre del 1934 Bruno Baldini di Firenze, mentre percorreva con la sua motocicletta la periferia della città, rimase vittima di un grave incidente. Ricoverato in Ospedale di Santa Maria Nuova, gli esami clinici riscontrarono una grave lesione celebrale. Nel luglio del 1935 si trovò completamente muto e con difficoltà motori, tanto da doversi trascinare penosamente fra le pareti domestiche. Baldini un giorno sentì in sogno una voce chiara che gli diceva di andare in pellegrinaggio in un Santuario e di sperare. Parte per Loreto, approfittando del pellegrinaggio dei malati che era programmato in quei giorni; giunto in Albergo, mentre dorme, in sogno risente la stessa voce che aveva già udito e che gli dice: «Alzati e parla!». «Mi svegliai di scatto – dice il brav’uomo – e balzai dal letto. Corsi dal signor Giusti, nella stanza vicina e gli gridai: «sente? Parlo, posso parlare!». «Nessuno può immaginare quello che provai nel riascoltare la mia voce dopo quattro anni, mentre credevo di averla perduta per sempre».Tutti i pellegrini si unirono al Baldini nel ringraziare la Vergine per la guarigione miracolosa concessagli.

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